Un ateo anticlericale che rincorre Papa Francesco in capo al mondo, fino in Mongolia, in uno dei viaggi più folli di questo papa, per ottenere cinque minuti a tu per tu e chiedergli se ha ragione sua madre a pensare che dopo la morte rivedrà suo padre: se la resurrezione della carne esiste davvero.
Attorno a questa domanda e alla risposta di Bergoglio (che ci sarà) Cercas costruisce una struttura narrativa che sta tra i reportage e il giallo. A parte un eccesso di lunghezza e di dettagli “di colore” funziona abbastanza bene, in termini di piacere di lettura. Ed è soprattutto una lettura interessante, da cui si reimparano e si rimettono al giusto fuoco diverse cosette, che si tendono andare per scontate, sbagliando. Utile soprattutto a chi si professa ateo o semplicemente non si arrende all’idea che il modo per risparmiarsi la fatica di tentare di capire sia accollarsi quella di credere. E in questo senso mi pare giusto porsi in questo libro di un ateo su Bergoglio e la vita eterna la seguente domanda: “Ha ragione Hannah Arendt quando dice che noi atei siamo «stupidi che pretendono di sapere ciò che nessun essere umano può sapere»?”. Peraltro questo è un libro che si conclude con una risposta folle e scandalosa e una sequenza bellissima di domande altrettanto folli e scandalose.
Probabilmente solo un ateo intelligente ed affabulatore può oggi raccontare cose così folli: la follia del credere; le forme folli che è capace di assumere la fede per contagiare e convincere (le pagine sui missionari fanno scoprire un altro modo di guardare quel mondo e quel modo di spendere la vita); la grandezza duplice, folle e scandalosa del cristianesimo, capace di unire misericordia e resurrezione della carne in un unico folle messaggio. Folle perché contraddice il modo di sentire di un non credente, il sentire comune del nostro tempo, con “la morte di Dio”, il razionalismo, il nichilismo, il relativismo e quant’altro. E Cercas in questo è stato bravo. E’ stato bravo anche a individuare il punto critico del cattolicesimo e dello stesso papato di Francesco, che sta sul crinale impervio tra la il messaggio politico di giustizia sociale e il messaggio religioso di salvezza. Su questo crinale camminerà credo il successore di Bergoglio che stanno per scegliere. E chissà che, come si dice in un passaggio di questo libro, non sarà nella riscoperta della poesia che si troverà il valico per superarlo.
In questi gironi, quelli della morte di Bergoglio, è probabilmente la lettura ideale. Bergoglio forse è stato il papa più amato dai non credenti e molti lo hanno visto come il surrogato del leader di una sinistra globale che non c'è. Cercas offre un aiuto a far capire perché.
Tra questi perché ce n’è uno che più di tutti mi ha fatto pensare. Bergoglio è stato un uomo di rottura. Nel libro emerge molto bene. Ha trasgredito rispetto ad una ortodossia, suscitando scandalo e reazioni rabbiose. Mai dal mondo cattolico si era levata una contestazione così violenta, aperta e densa di livori contro un papa. Bergoglio ha impersonato la necessità che per cambiare le cose non puoi conformarti ad esse, non puoi essere corretto rispetto a quel che c’è, al sentire dominante, ai rituali, alle carte costituzionali, alle tradizioni, alle procedure. Devi essere prete e dichiararti anticlericale, tanto per fare un esempio; e spiegare cosa significa. Nella spinta a cambiare ci deve indispensabilmente essere qualcosa di folle e di scandaloso. Ci deve essere una trasgressione. Chi sta attento alle forme, chi si conforma, i conformisti non cambiano il mondo. Piuttosto, sono loro i nemici di ogni cambiamento. Per chi vuole essere progressista, riformista o addirittura ancora rivoluzionario questa riflessione è forse il lascito più importante di Bergoglio: la riflessione sul corretto e sul folle, sul legalismo e sulla trasgressione, sulle regole e lo scandalo necessario di violarle.