Romanzo alla DeLillo per eccellenza. Lo
è per i temi, la struttura, lo stile. Il
filo centrale forte è la suggestione, madre di tutte le suggestioni;
quella di cui nessun essere umano, che lo ammetta o no, può fare ameno: la
suggestione di poter vincere la morte, di salvarsi dal nulla.
L’impossibilità di continuare a credere ad un Dio con la barba ha consegnato iil compito di produrla alla scienza. DeLillo fa un’istantanea di questo epocale ridislocazione della terra promessa della salvezza.
Lo fa alzando contemporaneamente lo
sguardo in direzioni apparentemente periferiche rispetto alla morte e
all’immortalità (il rapporto padre-figlio, l’amore, il denaro, il potere). Che
periferiche invece, ovviamente, non sono per niente. Dietro a ciascuna si
nasconde un pezzetto, una faccia della vecchia illusione di una salvezza
impossibile o forse no.
Su tutto, a tenere alta la qualità del romanzo, è la capacità che solo i grandi scrittori di nominare le cose. Delillo ha l’ossessione della parola, dei Nomi delle cose, del nome giusto, della aggettivazione millimetricamente esatta, del linguaggio. E stupisce come sia l’esattezza (e non l’indefinito, come ci si potrebbe aspettare) ad alimentare altre suggestioni, oltre che ad aprire squarci di comprensione, a tendere la molla che comprime l’orizzonte quando guardiamo il mistero della nostra scomparsa.
L’ossessione del linguaggio e quello della salvezza affidata alle tecnoscienze dunque sono i pilastri di questo romanzo. E sono temi che stanno alla frontiera della riflessione dell’uomo nel nostro tempo, delle scienze e della filosofia. Prendiamo l’ambizione di salvezza attraverso la definizione, il saper nominare le cose, il saper rappresentare col pensiero verbalizzante il mondo.
La conquista della esattezza nel dare
il nome alle cose é fondamentale nella capacità di dare un nome a se stessi e
tentare di intravedere nella nebbia dell’assenza del tempo, dell’infinito un
destino possibile che non sia l’irrevocabilità della scomparsa.
Romanzo imperfetto, si legge oscillando tra la bellezza cristallina di alcune pagine e la voglia di distogliere lo sguardo che accompagna sempre la riflessione sui temi che affronta. Ad avercene autori e romanzi così. Specie di questi tempi.