La storia in fondo é banale. Però Frances, la protagonista e voce narrante, ha il fascino delle donne intelligenti, inquiete e fragili, lucide e feroci, soprattutto con se stessa). Frances vive acquattata nella sua intelligenza, come altri vivono acquattati nelle loro ipersensibilità emotiva o nei loro pregiudizi o nello loro abitudini. Stare acquattati significa evitare i conflitti, schivarli, devitalizzarli, posporle a tempo indeterminato. È una tecnica di gestione che conferisce un potere, perché paralizza gli altri e riduce in una sorta di surplace le relazioni. E in questo soft landing permanente della vita si produce da un lato del rapporto il controllo e sull’altro lato una mortificazione. Una sorta di sfruttamento di relazioni vissute come morte; un comportamento da saprofita fondato sull’esercizio del potere. Mettere in termini rituali, di buone maniere, quel che è invece un problema di rapporti di forza, di poter fare o non poter fare, di determinare o non determinare quel che accade.
La Rooney crea un habitat narrativo essenziale, ma accogliente al quale ritorni riconoscendo un’atmosfera, una intonazione, un colore. Sa usare i dialoghi e sa darti in mezzo lampi di introspezione con la giusta naturalezza, il giusto tempo e il giusto dosaggio. E poi soprattutto ha questa prosa asciutta, dal ritmo sincopato. Ricca quanto basta per cogliere sfumature, accendere lampi di interesse, alzare lo sguardo del lettore, fargli lavorare l’immaginazione su quel che si muove dentro al quadro e dentro ai personaggi. Per esempio quando descrive il panico, l’ansia, l’angoscia che viene dalla sensazione che tutto si stia disintegrando è bravissima; o quella sensazione di essere fuori contesto, in balia di una situazione fuori dal nostro controllo, che è tipica dei vent’anni, ma che non è solo di quell’età.
Insomma,
in questo primo romanzo si capisce che
la Rooney é una scrittrice vera, importante. In Persone normali (personaggi e
storia, lì sono una cosa seria) si vede che è proprio brava.