domenica 7 novembre 2021

Casa di foglie di Mark Z. Danielewski

 




Qualcuno ha definito questo romanzo “unica enciclopedia possibile della contemporaneità” e in qualche misura ha ragione. Se per contemporaneità si intende il modo in cui oggi percepiamo e soprattutto tentiamo di rappresentarci la realtà nella accezione più ampia che si possa immaginare del termine: la vita, l’universo, le coordinate fisiche della materia, lo spazio, il tempo. Due secoli di vertiginoso progresso della conoscenza scientifica ci hanno consegnato una visione inafferrabile di tutto questo e la sola certezza che “la realtà non è come appare” per dirla con Rovelli.

Il luogo più noto e rassicurante che conosciamo, la casa, diventa così un mostro che cambia continuamente forma e dimensioni: si contrae e si espande, ci inghiotte e ci risputa, ci toglie ogni possibilità di orientarci e di conoscere com’è fatta per davvero (ammettendo ancora che esista una verità oggettiva su come è fatta e che non si stia parlando invece di approssimativi e precari tentativi di rappresentarcela). La nostra curiosità di sapere incontra muri mobili, vuoti infiniti, profondità insondabili, mostri invisibili, oscurità impenetrabili, silenzi insostenibili. Quelle che credevamo le leggi incontrovertibili della fisica sono continuamente violate dai fenomeni che si svolgono sotto gli occhi nostri e di tutte le sofisticatissime attrezzature di cui disponiamo (telecamere, macchine fotografiche, ecc). E tutto questo nel luogo dove ci aspettiamo di trovare certezze, abitudini, il conforto del controllo di ciò che ci accade dentro.

Non è a caso dunque che il romanzo si insedi o forse meglio si nasconda nel genere horror. Ma è una maschera, una falsa rappresentazione anche questa.Lo si deve leggere invece con la chiave della emersione di materiali psichici profondissimi, oscuri, incontrollabili anche loro,  che si strutturano e si manifestano nello spazio. Il risultato è anche e forse soprattutto una riflessione sulla irrappresentabilitá del reale, persino del pezzo di reale che dovrebbe essere più noto e facile da rappresentare. E dentro c’é una orgogliosa demolizione dell’assunto che l’immagine video e fotografica sia reale e che vinca sulla parola nel dirci cosa davvero accade, che una foto o un video siano più veri di un racconto. Non è così. Ed è uno dei tanti spunti di riflessione straordinariamente interessanti che il libro offre.

Questo magma allucinatorio non poteva essere contenuto in un romanzo “normale”. Impone una ginnastica di lettura non solo nel senso del cambio continuo di scenari narrativi e della tecnica delle narrazioni ad incastro usata in modo labirintico, ma anche nel cambio dei caratteri, della struttura della pagina con pagine capovolte, pagine con una o poche righe disposte nella maniera più fantasiosa, riquadri, note, disegni, foto, citazioni e altro ancora. La lettura diventa una ginnastica delle mani e degli occhi. Il libro lo devi ruotare, capovolgere e saltarci dentro, andando avanti nelle appendici e tornando indietro. La struttura dell’oggetto-libro riflette in modo perfetto il soggetto del racconto, ti fa immergere dentro emotivamente, quasi fisicamente in un labirinto senza fine. La sensazione claustrofobica è forte, fisica. Faticoso, ma anche una straordinaria avventura. A suo modo, unica.