Rielli
scrive molto bene. C’è cura nella sua prosa. E nonostante la troppa roba che mette in queste troppe pagine
(nel senso delle troppe storie, troppi personaggi, troppi stacchi, troppi
flashback, troppi aggettivi) la bravura non comune viene fuori lo stesso.
Tanto per rendere l’idea, se fosse un pezzo musicale sarebbe una di quelle sarabande balcaniche alla Goran Bregović. Una cosa così, per esempio:
Parte
magnificamente. Il prologo con delitto è veramente bello. Perché lì il ritmo è
misurato e la prosa di Rielli viene fuori più e meglio di quando i troppi
8ngredienti si mettono a bollire nel pentolone.
Poi il
ritmo diventa appunto da sarabanda, vorticoso,
con gli stacchi da uno scenario narrativo all’altro funziona e
flashback. Esagera, certo. Però se ti fai prendere dal dal ballo ti diverti. E puoi perdonare anche
il ricorso eccessivo alle espressioni
dialettali pugliesi.
Altra cosa notevole il chiaroscuro dei personaggi. Nessuno si salva è nessuno è spedito all’inferno, anche se il protagonista se non ci va, di certo al purgatorio ci resterà parecchio.