Per usare una fraseologia sua, Conrad, sotto tanti aspetti come
scrittore sta su una linea d’ombra, in una zona di frontiera.
E’ legato ai
moduli del romanticismo, ma è già uno
scrittore del disincanto, del narcisismo, della decadenza. E’ un
narratore dell''800, di quando il romanzo era il principale, se non l’unico
modo per descrivere il mondo che non fosse il qui; serviva soprattutto ad
aprire l’orizzonte del lettore verso il remoto, l’inesplorato, l’avventura.
Però è anche del '900, perché sente che non ha certezza neppure di quel che
vede e si scava dentro e racconta la crisi esistenziale, i limiti e le
sofferenze della consapevolezza di sé e del rapporto con l’Altro.
Joseph Conrad |
Conrad si
arrovella sul tema dell’identità diventata inafferrabile. E’ anche
lo scrittore che ha traghettato generazioni dalle letture d’avventura e di
mare dell’adolescenza verso la letteratura adulta del disvelamento
dei mondi interiori. Poi, è legato a quell'età che segue l’adolescenza, che è
già adulta, ma che non è ancora la maturità, con il suo carico pesante, ma
rassicurante dell’esperienza. Aggiungiamoci che abita fra tre lingue. E anche
che si colloca tra la letteratura alta e quella commerciale, prodotta per
essere venduta. I suoi personaggi stanno tra gli entusiasmi e i disincanti. Si
muovono tra il coraggio e la paura, tra la presunzione e il senso di
inadeguatezza, tra l’adesione ad una morale ed il vizio del dubbio, tra
l’adesione ad un sistema di regole e la voglia di libertà, tra “la fede
nell'ordine e nel progresso” e la percezione continua di una minaccia, di un
abisso nascosto, della fine che incombe. E con questo senso di fluida e
permanente precarietà è uno scrittore
che esprime qualcosa di straordinariamente contemporaneo.
Se questo è Conrad, Lord Jim non è a caso che è diventato il
suo personaggio più famoso. Perché è quello che abita esattamente in quello spazio di confine, lungo quella
linea d’ombra. Eroe ottocentesco da un lato, alla Defoe, e insieme antieroe
tutto dentro al novecento. Perché Jim è portatore dalla misteriosa debolezza
che viene quando si è catturati dalla propria immagine riflessa; e nel proprio
modo di vivere, di sentire e di relazionarsi con gli altri, al centro di tutto
non c’è che quella. Non a caso, Conrad mise in epigrafe del romanzo questa
frase di Novalis: “E’ certo che la mia fede diventa infinitamente più grande
nel momento in cui un’altra anima in essa crede.”
Lord Jim è anche l’uomo dell’età del romanticismo, dell’immaginazione,
del sogno ad occhi aperti, quando l’uomo pensa di poter fare il mondo a sua
immagine e somiglianza. Conrad lo scrive più volte: Jim è un romantico “oppresso
da una nuvola”. Ed ha però nello stesso tempo una percezione fortissima del
“sentimento tragico della vita”, dell’essere che si scopre in balia di forze
gigantesche, incontrollabili e destinate a cancellarlo. Forze che, nonostante
tutto, se non riesce proprio a girarle a proprio vantaggio, pretende almeno di
individuare, decifrare, interpretare. E facendo questo gioco della
decrittazione prende il vizio
esistenziale insuperabile, che Marlow chiama
“il dono di trovare un significato
particolare in tutto ciò che gli capitava”.
E di non essere capace di dimenticare nulla. Sarà questa miscela di
immaginazione, ipersensibilità, presunzione, coscienza e memoria vissuta come un’ossessione
a determinarne il destino.
Conrad ci racconta questo tipo modernissimo di uomo dalle
sue radici nell'infanzia, all'adolescenza, al drammatico passaggio alla
maturità segnato dal suo disastro del
Patna; un disastro che alla fine è un fatto tutto e solo suo. Lord Jim è un
compendio tematico completo di tutta la sua opera. Di sicuro è uno dei suoi romanzi
più importanti. Probabilmente il più importante.
Non sarebbe così importante e così bello questo libro se non
ci fosse l’alter ego di Jim, il contrappeso razionalistico e pragmatico, cinico
e generoso, ironico e dolente che è
rappresentato da Marlow. Una figura che svolge peraltro una funzione stilistica
precisa: quella di mettere tra il narratore, il lettore e il protagonista uno
spazio ed un filtro ottico che rende nitido il quadro del racconto. Dietro
Marlow poi c’è in controluce la storia di una grande amicizia e la radiografia
di quel che fa nascere e sorregge nel
tempo ogni amicizia: l’empatia reciproca, il riconoscersi e la sostanza
invisibile, implicita, sotterranea e silenziosa di un impasto di complicità,
stima e gratitudine.
Dentro al libro ci sono alcuni temi di fondo che gli danno
ulteriore spessore. Il principale è il tema dell’orgoglio e della vergogna.
Qualcuno, non mi ricordo chi, ha scritto che Orgoglio e Pregiudizio sono i nomi
di due cani da guardia. Devono stare fuori dalla casa della nostra personalità.
Quando abbaiano dobbiamo sempre andare a vedere chi si avvicina, che cosa sta
succedendo. Ma non dobbiamo mai fare
l’errore di consentire che prendano possesso della casa, che ci abitino dentro
da padroni. Jim lascia che il suo orgoglio lo abiti e decida per lui. La reazione
che si innesca genera l’esplosione della vergogna e sarà quello il suo Patna,
il suo vero e irrimediabile naufragio. Ma questo Jim, per quanto si interroghi
costantemente, immerso com’è in un continuo lavoro interiore di
autoconsapevolezza (anzi, proprio per questo) non riuscirà mai a capirlo. E forse era un'impresa impossibile. Non di meno resta un'impresa che ci riguarda.
"...c’era però una
traccia di terrore spettrale che aleggiava nella luce dei suoi occhi vacui,
simile a una qualche forma sconosciuta di terrore accovacciata in silenzio
dietro una lastra di vetro…….è il più ossessivo fantasma creato dall'uomo, la
tortura del dubbio che sale come una nebbia, tormentoso e invisibile come un
verme e più gelido della certezza della morte – il dubbio che mi veniva dal
potere sovrano attribuito a una precisa norma di condotta. È la cosa più dura
che ci possa capitare, una cosa che ci fa urlare per il panico e ci spinge a
commettere segrete indegnità; è la vera ombra della sventura……l’annuncio di un
tragico destino che attende tutti noi " .