La scrittura è sommessa,
gentile. L’atmosfera che crea è riflessiva, usando uno stile sobrio,
confidenziale; forse è la cosa migliore del libro.
Tre storie ambientate
nello stesso condominio. Lo scheletro architettonico della trama rimanda alla
tripartizione della psiche. Nella prima storia dominano le pulsioni, nella
seconda una riflessione adulta e nell’ultima (forse la migliore) i tormenti genitoriali.
In tutte, una crisi del rapporto genitori-figli e i riflessi che ha sulla
comunicazione nella coppia. E’ una struttura rigida, che qualche sapore di
artificioso lo produce, ma insomma, tutto sommato regge.
Il lettore viene incamminato su queste tre
linee che si succedono su traiettorie parallele, come in una staffetta, col
sospetto se chissà non convergano alla fine verso qualcosa che
le accomuni: un fatto, un incrocio di destini. Poi anche dentro ad ognuna delle
tre storie, con la tecnica dell’anticipazione, Nevo è bravo a creare una sorta
di suspense, lasciando prefigurare per ciascuna un punto di rottura drammatica,
uno sbocco traumatico. E questa doppia attesa, alimentata per generare
tensione, è un ingrediente importante della qualità del libro. Pericoloso però.
Perché potrebbe in qualche lettore produrre stanchezza e da un certo punto in
poi, delusione. Il rischio di suscitare irritazione è alto, per questo romanzo.
Per quanto riguarda lo scarabookkiante però, non è successo. Il gioco alla fine è sembrato tenesse abbastanza bene.
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Eshkol Nevo |
Intendiamoci, non è un capolavoro.
D’altronde Eskol Nevo non ci ha mai convinto del tutto. Nemmeno negli altri
romanzi, più celebrati di questo. Però, è una lettura piacevole e nient’affatto
banale. Non si deve esagerare nella rigidità delle letture psicanalitiche. La cosa che
convince di più è il ruolo decisivo del testimone nelle vite dei
protagonisti. Hanno bisogno tutti e tre di qualcuno a cui raccontare, da invocare come
testimoni. Le tre storie sono trasmesse da chi le ha vissute a un qualcuno da cui
attendono un conforto, una parola che li liberi dai sedimenti e dalle cicatrici
che i fatti hanno lasciato dentro di loro. Probabilmente sta in questo il nucleo centrale del libro. E sono tre interlocutori muti, che per motivi diversi non
possono rispondere subito o non possono rispondere affatto. Quello che conta è
che possano ascoltare. E che, soprattutto, qualcosa del loro ascoltare risuoni
dentro chi parla. Ma forse, a pensarci bene, questa forse è la
più psicanalitica delle letture possibili.
C’è anche un lettura
politica. Quella della necessità di una nuova socializzazione umana, prima
ancora che economica. Non si produrrà nessun cambiamento nel corso delle cose
del nostro tempo, che sembrano correre senza guida e senza controllo verso non
si sa dove, forse un qualche baratro (come le tre storie di Nevo), se non si
esce dall’individualismo della cultura dominante. Se non recuperiamo il modo di raccontarcele a vicenda,
le cose, non c’è modo di trovare il modo
per tentare insieme di deviarne il corso.