giovedì 13 dicembre 2018

Tre piani di Eshkol Nevo








La scrittura è sommessa, gentile. L’atmosfera che crea è riflessiva, usando uno stile sobrio, confidenziale; forse è la cosa migliore del libro.

Tre storie ambientate nello stesso condominio. Lo scheletro architettonico della trama rimanda alla tripartizione della psiche. Nella prima storia dominano le pulsioni, nella seconda una riflessione adulta e nell’ultima (forse la migliore) i tormenti genitoriali. In tutte, una crisi del rapporto genitori-figli e i riflessi che ha sulla comunicazione nella coppia. E’ una struttura rigida, che qualche sapore di artificioso lo produce, ma insomma, tutto sommato regge.

 Il lettore viene incamminato su queste tre linee che si succedono su traiettorie parallele, come in una staffetta, col sospetto se chissà non convergano alla fine verso qualcosa che le accomuni: un fatto, un incrocio di destini. Poi anche dentro ad ognuna delle tre storie, con la tecnica dell’anticipazione, Nevo è bravo a creare una sorta di suspense, lasciando prefigurare per ciascuna un punto di rottura drammatica, uno sbocco traumatico. E questa doppia attesa, alimentata per generare tensione, è un ingrediente importante della qualità del libro. Pericoloso però. Perché potrebbe in qualche lettore produrre stanchezza e da un certo punto in poi, delusione. Il rischio di suscitare irritazione è alto, per questo romanzo. Per quanto  riguarda lo scarabookkiante però, non è successo. Il gioco alla fine è sembrato tenesse abbastanza bene.


Eshkol Nevo
Intendiamoci, non è un capolavoro. D’altronde Eskol Nevo non ci ha mai convinto del tutto. Nemmeno negli altri romanzi, più celebrati di questo. Però, è una lettura piacevole e nient’affatto banale. Non si deve esagerare  nella rigidità delle letture psicanalitiche. La cosa che convince di più è il ruolo decisivo del testimone nelle vite dei protagonisti. Hanno bisogno tutti e tre di qualcuno a cui raccontare, da invocare come testimoni. Le tre storie sono trasmesse da chi le ha vissute a un qualcuno da cui attendono un conforto, una parola che li liberi dai sedimenti e dalle cicatrici che i fatti hanno lasciato dentro di loro. Probabilmente sta in questo  il nucleo centrale del libro. E sono tre interlocutori muti, che per motivi diversi non possono rispondere subito o non possono rispondere affatto. Quello che conta è che possano ascoltare. E che, soprattutto, qualcosa del loro ascoltare risuoni dentro chi parla. Ma forse, a pensarci bene, questa forse è la più psicanalitica delle letture possibili.

C’è anche un lettura politica. Quella della necessità di una nuova socializzazione umana, prima ancora che economica. Non si produrrà nessun cambiamento nel corso delle cose del nostro tempo, che sembrano correre senza guida e senza controllo verso non si sa dove, forse un qualche baratro (come le tre storie di Nevo), se non si esce dall’individualismo della cultura dominante. Se non  recuperiamo il modo di raccontarcele a vicenda, le cose, non c’è modo di  trovare il modo per tentare insieme di deviarne il corso.