giovedì 3 gennaio 2019

Il dolore fantasma







Qualche anno fa su una rivista leggemmo una notizia su un signore, un artista, che “soffre della sindrome da arto fantasma: ha dolori atroci alla gamba che però gli è stata amputata. Ecco la sua storia. «Arte e dolore. Questo il binomio che ha caratterizzato la mia vita negli ultimi 13 anni. A partire dall’agosto del 1999, l’anno in cui mi amputarono la gamba sinistra appena sotto il ginocchio, sia l’arte sia il dolore cronico sono entrati di forza nella mia vita. Spesso mi ritrovo a pensare che se il banale incidente, poi degenerato a causa di medici disattenti, non avesse cambiato la direzione della mia vita, oggi non sarei un artista con quadri esposti in mostre temporanee alla Biennale di Venezia, in Cina, Montecarlo e Milano.”

La storia degli amputati di una gamba o di un braccio, che continuano a sentire dolore all’arto che hanno perduto ci ha sempre inquietato e suggestionato. Uno strano effetto. Chissà perché in questi giorni di inizio anno ci é tornata in mente.
Da una parte è una cosa che sgomenta perché mette davanti ad un dolore irrimediabile, "cronico" dice lui. Un dolore che proprio perché senza oggetto   non ci se ne  libera mai;  può ripresentarsi in qualsiasi momento. Per un caso. Perché è cambiato il tempo. Perché qualcuno ti dà un colpo proprio lì. Perché qualche altro malanno ti ha debilitato. O perché una notte non riesci a dormire. O per nessuna ragione individuabile. L’oggetto è virtuale, ma il dolore è reale. Terribile. Non c’è cura. Cosa vai a medicare? Funziona una pillola contro un dolore fantasma?


A sentirli verrebbe da nutrir dubbi se sia poi tutto vero. Davvero può far male qualcosa di te che non esiste più? Basta davvero solo la sua stringa virtuale nel nostro software mentale per procurare dolore?
Deve essere per forza così, però. D'altronde spesso questa é gente, come in questo caso, assolutamente  affidabile. Uomini che non si stanno piangendo addosso. Col tempo hanno imparato a far a meno del pezzo di se che hanno perduto. Camminano. Scrivono. Dipingono, appunto. Capita anzi, come a questo artista, che proprio per conseguenza della menomazione abbiano sviluppato  abilità speciali che altrimenti forse sarebbero rimaste latenti e  ignote.
Poi, di solito, questa è gente dura. Alla storia che il dolore migliora il carattere non abbiamo mai creduto, ma che lo indurisca forse è vero.
D'altronde anche a livello fisico è così. Dove hanno subito l’amputazione e dove magari hanno messo una protesi pare si formi un  callo, una scorza  che li protegge e impedisce il riaprirsi della vecchia ferita; e che rende  più difficile anche il formarsene di nuove. Come nel fisico anche nella mente forse è vero che sono più forti. O almeno, più forti di prima e di tanti altri che non sono passati per prove così.
Quindi, come si fa a non credergli se all’improvviso dicono che gli fanno male ("dolori atroci"), che so,  le dita mancanti? Dita che sono diventate polvere o cenere o che stanno marcendo in chissà quale discarica da chissà quanto tempo. Sembra incredibile, anche se la scienza ha dimostrato com'è che si spiega, qual è il meccanismo.

E come si gestisce un dolore così? Gli argomenti della ragione valgono se non a lenire almeno a dare forza di sopportazione, a resistere? Chissà se vale dirsi che ormai l’arto era andato in cancrena. O che fin dall'inizio gli aveva dato problemi, sofferenze. Che l’amputazione obiettivamente  è stata una liberazione. Che è assolutamente certo che in qualunque altro modo (ma proprio qualunque) fosse  finita è certo che sarebbe stato un modo peggiore. La sostanza è che adesso, qui e ora le dita non ci sono più e fanno male.
Una cosa ci colpisce in questo signore: c'è rassegnazione in quello che racconta. Anzi, meglio, c'è accettazione. D'altronde, ci sono dei dolori molto più comuni che tutti sono destinato a portarsi addosso per tutto il resto dei giorni da vivere. Prendi certe emicranie. O certi mal di schiena. Per non parlare dei mali dell'anima, del gaddiano "male oscuro". Non vale mai recriminare sugli errori  (nostri e dei medici disattenti a cui ci siamo affidati) con cui ce li siamo procurati. Comunque sia andata bisogna accettarli. Da una certa età in poi il medico cosa ci dice alla fine sui nostri doloretti? Ci dice che "bisogna conviverci". E questo bisogna fare. Vale anche per il dolore fantasma.

Dall’altra parte, inutile negarlo, questa cosa del dolore fantasma, proprio per sembrare una cosa assurda, ha anche qualcosa di ridicolo. Tanto più se l’amputazione è vecchia di anni. E tanto più se chi ancora se ne lamenta è un uomo grande e grosso. Uno che ha saputo ricostruirsi la vita ed ha saputo cambiarla in meglio, tirando fuori il meglio di se proprio sulla spinta della sua disgrazia. E poi che fa? Ti viene a raccontare di un dolore causato da un fantasmino anatomico? Qualcosa che non esiste più da così tanti anni che magari si contano a decine. Tanto che più  passa il tempo più sembra quasi impossibile che sia mai esistito; come un bimbo abortito e buttato senza neppure la  pietà di una sepoltura in qualche inceneritore.

Fantasticandoci sopra pensavamo a cosa si dice ad una persona che si lamenta di un dolore di questo tipo. Non bisogna scordarselo, che di dolore vero si tratta. Bisogna stare attenti a  conservare almeno la capacità della umana condivisione. Noi per comodità e per il gusto evocatorio dell'espressione continuiamo a chiamarlo "dolore fantasma", ma, lo abbiamo detto, non è affatto così: la parte di se che duole sarà anche un fantasma, ma il dolore è reale. E allora si può solo tentare in qualche modo di mostrarsene partecipi, di comprenderlo, di prenderlo con noi ed esprimere l'affetto, la solidarietà, l'empatia che si deve a qualsiasi persona che soffre.

Senonché in questi casi la tentazione di ricorrere alla sdrammatizzazione, all'ironia è forte. Anzi, su un dolore fantasma viene anche più facile , proprio per quel tanto di assurdo e quindi di comico di cui s'è detto. Chi vive quella situazione ha imparato col tempo ad accettare anche questa che in fondo è un altro aspetto della sua solitudine. Forse all'inizio ci soffriva. Forse si arrabbiava. Specie se i primi a scherzarci sopra sono stati quei "medici disattenti", quelli che l'amputazione l'hanno provocata o decisa; perché era inevitabile forse; o per mancanza di attenzione. E che poi si sono forse difesi, poveracci anche loro, dal senso di colpa nel più classico dei modi, con l'indifferenza, vera o simulata che sia. Per puntellarla, l'indifferenza, cosa c'è di meglio che buttare tutto sullo scherzo, sminuire, ridicolizzare con modi gentili?

Ci sta anche che lui stia al gioco. Se lo fa però, in bocca c'è dell'amaro di sicuro. Col tempo ha imparato ad accettare anche l'ironia, l'indifferenza e forse persino lo scherno. Per chi è abituato a tollerare il dolore, quello vero, anche se lo chiamano fantasma,  tollerare il resto  è un gioco da ragazzi. 
Oppure forse si limitano ad un'alzata di sopracciglia, un accenno di sorriso  ed un silenzio triste. Poi tornano a dipingere.
Buon '19.