Si dice a volte che si fa fatica a leggere un romanzo.
Stavolta è andata in un’altra maniera: è il romanzo che ha fatto fatica
con lo scarabookkiante. A convincerlo. E una sacca di resistenza è rimasta lì, relegata in un
angolo della testa; sconfitta, inerte, ma è rimasta fino a metà libro. A tratti
affiorava l’incredulità, la noia, la stupida domanda che ci si fa davanti ai
matti e al candore disarmato: “ma ci fa o ci è per davvero?”. E Walser è veramente al confine tra le due cose.
Il fatto è che lo scarabookkiante crede negli ingredienti di cui è fatto
Simon Tanner e di cui era fatto Robert Walser. Crede nella bontà indifesa che
sembra sciocca, nella generosità, nella fiducia nelle cose e negli altri, in
una versione adulta, cioè consapevole e disincantata, del candore. Crede nel
potere salutare della capacità ingenua di stupirsi di tutto e prima di tutto
della fortuna miracolosa di essere, di esserci e di essere circondati dal mondo
così com’è con le sue bellezze e le sue brutture. La parola che forse ricorre
di più in questo romanzo è “meraviglioso”. “Mi meraviglio di tutto”, potrebbe
essere una buona epigrafe.
Ma chi crede in queste cose deve stare sempre all'erta. Perchè in giro è
più facile incontrare, anziché la bontà, l’ideologia propagandistica della
bontà ed il buonismo da make-up. Pochi i buoni e tanti i militanti dei buoni
sentimenti pelosi (a cui resta sempre attaccato qualcosa) e di quelli da
esibizionismo televisivo. Tanti i professionisti delle buone maniere, della
gentilezza usata come packaging
per incartare cattivi sentimenti e ambizioni nascoste. Strumenti per avere
e per farsi rispecchiare negli occhi degli altri una immagine perfetta di se;
mentre di se e in se si pensa il peggio. Da qui l' iniziale diffidenza,
l’incredulità, a tratti la noia. Poi, è venuto da pensare che siamo abituati forse
troppo alla letteratura che racconta della gente che soffre (senza e
soprattutto con l’apostrofo), del Male, dell’inquietudine, della manipolazione,
dell’insano narcisismo con al centro il moloch della Morte. Qui tutto questo
non c’è e la cosa disorienta.
Simon Tanner da un certo punto in poi però ti convince.
Non c’è trucco in Walser.
Robert Walser |
Te ne accorgi perchè leggerlo trasmette un che di
pacificante, una specie di gioia
sottile. Quando ti arrendi all'idea che lui è proprio così comincia persino a essere divertente. Perchè il
suo candore è anche ironia, impertinenza. Mi ha
fatto pensare ad un francescanesimo laico e disincantato, senza il
Cristianesimo e senza un Dio che, lo dice, per lui è superfluo: gli basta la
bellezza dell’umano e dell’Essere, per amare la vita. Ha una componente
ribelle, il piacere di stare fuori dal coro e dagli schemi pagando quel che c’è
da pagare. Ha volontà solida, carattere vero. Non usa invece l’altro piatto della bilancia con cui i buonisti pesano le
cose, le persone e le scelte della
vita e cioè il successo, il prestigio, la sicurezza o anche solo la
remunerazione di rispecchiarsi nell’ammirazione degli altri. Ha il dono di
portare felicità (mentre gli altri li riconosci perché hanno l’infelicità
quotidiana addosso, contagiosa e immedicabile). In lui non c’è la codardia che fa fingere di andar d’accordo con
tutti: è capace di accettare il conflitto a viso aperto. E questo fa si che non
nutre segrete rabbie destinate a manifestarsi all’occorrenza attraverso silenziosi e feroci
tradimenti. Tanner è capace quando occorre di dire quello che pensa, girare i
tacchi e andarsene via, portandosi i suoi errori sulle spalle come il più
prezioso dei bagagli.
Non un poveraccio, insomma, ma un buono vero, di carattere,
vertical, come dicono gli spagnoli, con una sua visione forte del mondo.
Poi c’è la leggerezza delle parole, dello stile con Walser
racconta Tanner e lo fa parlare. E’ uno stile che sembra un cuscinetto d’aria
su cui il lettore naviga sul libro come su un aliscafo. La lettura scorre
comoda, leggera e veloce. Bisogna rinforzare l’attrito dell’attenzione e
fermarsi per riflettere e afferrare. Altrimenti sfuggono dettagli e
sollecitazioni e sembra tutto banale, scontato, mentre non lo è per niente.
Forse questa è l’unica trappola vera nascosta in questo libro, che poi è una
candida assenza di trucchi, appunto.