venerdì 25 agosto 2017

I fratelli Tanner di Robert Walser



Si dice a volte che si fa fatica a leggere un romanzo. Stavolta è andata in un’altra maniera: è il romanzo che ha fatto fatica con lo scarabookkiante. A convincerlo. E una sacca di resistenza è rimasta lì, relegata in un angolo della testa; sconfitta, inerte, ma è rimasta fino a metà libro. A tratti affiorava l’incredulità, la noia, la stupida domanda che ci si fa davanti ai matti e al candore disarmato: “ma ci fa o ci è per davvero?”. E Walser è veramente al confine tra le due cose.

Il fatto è che lo scarabookkiante crede negli ingredienti di cui è fatto Simon Tanner e di cui era fatto Robert Walser. Crede nella bontà indifesa che sembra sciocca, nella generosità, nella fiducia nelle cose e negli altri, in una versione adulta, cioè consapevole e disincantata, del candore. Crede nel potere salutare della capacità ingenua di stupirsi di tutto e prima di tutto della fortuna miracolosa di essere, di esserci e di essere circondati dal mondo così com’è con le sue bellezze e le sue brutture. La parola che forse ricorre di più in questo romanzo è “meraviglioso”. “Mi meraviglio di tutto”, potrebbe essere una buona epigrafe.

Ma chi crede in queste cose deve stare sempre all'erta. Perchè in giro è più facile incontrare, anziché la bontà, l’ideologia propagandistica della bontà ed il buonismo da make-up. Pochi i buoni e tanti i militanti dei buoni sentimenti pelosi (a cui resta sempre attaccato qualcosa) e di quelli da esibizionismo televisivo. Tanti i professionisti delle buone maniere, della gentilezza  usata come packaging per incartare cattivi sentimenti e ambizioni nascoste. Strumenti per avere e per farsi rispecchiare negli occhi degli altri una immagine perfetta di se; mentre di se e in se si pensa il peggio. Da qui l' iniziale diffidenza, l’incredulità, a tratti la noia. Poi, è venuto da pensare che siamo abituati forse troppo alla letteratura che racconta della gente che soffre (senza e soprattutto con l’apostrofo), del Male, dell’inquietudine, della manipolazione, dell’insano narcisismo con al centro il moloch della Morte. Qui tutto questo non c’è e la cosa  disorienta.

Simon Tanner da un certo punto in poi però ti convince. Non c’è trucco in Walser. 
Robert Walser
Te ne accorgi perchè leggerlo trasmette un che di pacificante, una specie di  gioia sottile. Quando ti arrendi all'idea che lui è proprio così comincia persino a essere divertente. Perchè il suo candore è anche ironia, impertinenza. Mi ha fatto pensare ad un francescanesimo laico e disincantato, senza il Cristianesimo e senza un Dio che, lo dice, per lui è superfluo: gli basta la bellezza dell’umano e dell’Essere, per amare la vita. Ha una componente ribelle, il piacere di stare fuori dal coro e dagli schemi pagando quel che c’è da pagare.  Ha volontà solida, carattere vero. Non  usa invece  l’altro piatto della bilancia con cui i buonisti pesano le cose, le persone  e le scelte della vita e cioè il successo, il prestigio, la sicurezza o anche solo la remunerazione di rispecchiarsi nell’ammirazione degli altri. Ha il dono di portare felicità (mentre gli altri li riconosci perché hanno l’infelicità quotidiana addosso, contagiosa e immedicabile). In  lui non c’è la codardia che fa fingere di andar d’accordo con tutti: è capace di accettare il conflitto a viso aperto. E questo fa si che non nutre segrete rabbie destinate a manifestarsi all’occorrenza  attraverso silenziosi e feroci tradimenti. Tanner è capace quando occorre di dire quello che pensa, girare i tacchi e andarsene via, portandosi i suoi errori sulle spalle come il più prezioso dei bagagli.
Non un poveraccio, insomma, ma un buono vero, di carattere, vertical, come dicono gli spagnoli, con una sua visione forte del mondo.


Poi c’è la leggerezza delle parole, dello stile con Walser racconta Tanner e lo fa parlare. E’ uno stile che sembra un cuscinetto d’aria su cui il lettore naviga sul libro come su un aliscafo. La lettura scorre comoda, leggera e veloce. Bisogna rinforzare l’attrito dell’attenzione e fermarsi per riflettere e afferrare. Altrimenti sfuggono dettagli e sollecitazioni e sembra tutto banale, scontato, mentre non lo è per niente. Forse questa è l’unica trappola vera nascosta in questo libro, che poi è una candida assenza di trucchi, appunto.