Uno dei libri da rileggere, ogni tanto. Fosse anche solo per guardare cose che ti erano sfuggite o che non avevi apprezzato come meritano. Per esempio il modo in cui Mann prepara e preannuncia fin nelle prime pagine la trappola in cui manda a finire il povero, rigoroso Von Aschenbach. Solo la vita è capace di prepararti trappole così, mischiando le nostre debolezze con casualità e sincronismi che sembrano essere organizzati da una mente cattiva. E la trama, come la vita a volte, è così perfida e sicura che la trappola comunque funzionerà da potersi permettere anche di lasciare tutta una serie di messaggi premonitori. Che potresti cogliere. E sottrarti. Il professore infatti ci prova. Ma poi ci ripensa, come capita a tutti. Sono peraltro tutti narrativamente bellissimi questi segni anticipatori: dal vecchio col naso camuso che esce dal cimitero e poi sparisce della prima pagina, al viaggio “sbagliato” in Istria, al gondoliere imbroglione fino alla clessidra in cui la sabbia comincia a vorticare delle ultime.

Roba magmatica, potentissima, raccontata in poche pagine, con la solidità della prosa di Mann. E non bisogna scordarsi che siamo alla vigilia della prima Grande Guerra, mentre il suo mondo stava per disfarsi definitivamente. Leggere questa roba vale come poter sentire a distanza di un secolo il polso di un moribondo e potergli ancora misurare la febbre; perché si entra attraverso il sangue dei sentimenti nel corpo debilitato dell’Impero alla vigilia del dissolvimento.

“Mai egli aveva sentito più soavemente la voluttà della parola, mai aveva così ben compreso che Eros è nella parola, come sentiva e capiva adesso durante le ore pericolose e squisite in cui, seduto al suo tavolino rozzo sotto la tenda, contemplando l’idolo e ascoltando la musica della sua voce, componeva a immagine della bellezza di Tadzio la sua breve dissertazione — quella pagina e mezzo di prosa altissima la cui purezza, nobiltà e vibrante energia doveva suscitare di lì a poco l’ammirazione universale. È certamente un bene che il mondo conosca soltanto la bella opera e non le sue origini, non le condizioni e le circostanze del suo sviluppo; giacché la conoscenza delle fonti onde scaturisce l’ispirazione dell’artista potrebbe turbare, spaventare, e così annullare gli effetti della perfezione. Ore singolari! Strana fatica snervante! Strano e fecondo accoppiamento dello spirito con un corpo!”