mercoledì 29 marzo 2023

La ricreazione è finita di Dario Ferrari



Non mi è per niente “un grande romanzo italiano”, come dice qualcuno. Finché sta sul protagonista-narratore regge bene. È originale, ha una sua freschezza di stile, rende bene personaggi, ambienti, epoca. Ed è giusta anche la voce quando racconta di Viareggio, della fidanzatina, del mondo accademico e delle sue figure (un po’ troppo macchiettistiche, ma funzionano), anche di un certo neo-vitellonismo anni ’70-80. 

Quando passa a parlare dello scrittore-terrorista e dei suoi compagni (la biografia di Tito Sella, in particolare, ricostruita non si capisce bene come) diventa approssimativo, poco credibile e molto opinabile come rappresentazione degli anni di piombo. Nemmeno come versione parodistica dà l’idea di cosa è stato. Soprattutto diventa noioso. Il personaggio manca di messa a fuoco, resta immerso in una nebbia. E tutta la sua vicenda non sta proprio in piedi. Il parallelismo con il protagonista narratore poi, che dovrebbe giustificare l’esistenza stessa del romanzo oltre che la sua struttura, mi pare cosa confus’assai. Di buono resta solo la voce narrante .

Insomma è un romanzo disomogeneo e largamente imperfetto, con una trama cucita male ed un finale ad effetto, appunto, che scivola nel noir come avrebbe potuto scivolare nella fantascienza o nel romanzo rosa. Tutto piuttosto arbitrario e approssimato. Insomma una cosa non da buttare, per la scrittura soprattutto, ma in linea con la mediocrità italiana del momento. Niente di più.