lunedì 27 dicembre 2021

SCARAPERLE - 15 - L’ultima lettura di Gadda

 “Grazie ai Promessi sposi la morte fu più lieta. Aveva sempre provato un «sentimento di venerazione privata» verso la persona di Manzoni. Da ragazzo, tra i nove e i sedici anni, aveva letto dieci volte I promessi sposi, abbandonandosi alla lettura, mi scrisse, «con la semplice e profonda gioia di chi si disseta in montagna a una fonte di acqua chiara». Ora, giunto alla fine, voleva ripetere l’esperienza di adolescente, e chiese a Ludovica Ripa di Meana, a Giancarlo Roscioni e a me di leggergli I promessi sposi. Ci alternammo al capezzale. Mi ricordo che qualche giorno prima (o il giorno prima) della morte, gli lessi il meraviglioso ottavo capitolo: Don Abbondio che non conosce Carneade: Agnese che distoglie e allontana Perpetua chiedendole se era stata rifiutata, come dicevano, da Beppe Suolavecchia e da Anselmo Lunghigna: Tonio e il fratello che, a tarda sera, pagano il loro debito a Don Abbondio; la sorpresa di Renzo e Lucia che vogliono farsi sposare: la sorpresa dei Bravi nella casa di Agnese e Lucia: il suono delle campane a martello; quel casuale e gioioso formicolio della vita che Manzoni e Gadda amavano tanto. Disteso sul letto, con la testa rialzata dai cuscini Gadda rideva sussultando nel suo grande corpo moribondo – il riso, che tante volte lo aveva salvato. Allora pensai che la letteratura è davvero una cosa bellissima, se conserva la vita come la vita non riesce a conservarsi, e se fa ridere di gioia in punto di morte.”

Da “La malattia dell'infinito” di Pietro Citati