Se Marias piace, forse questo è uno dei suoi migliori. Se
lo si considera invece verboso, noioso, banale, neppure questo (che forse lo è meno
di tutti) piacerà. Appartenendo alla prima categoria, per lo scarabookkiante è romanzo
di pregio.
Volendo alzarsi al disopra dei partiti, va detto che Marias
lo vediamo come una sorta di ragioniere. La sua frase con la
situazione o con il personaggio che descrive
deve “tornare”. Nel senso contabile del termine. Deve pareggiare al
centesimo. E pareggiare significa che deve corrispondere con precisione al
senso.
Ma non è solo questo. Nella contabilità ogni
fatto che si registra porta delle conseguenze su più versanti. Per esempio un
acquisto è una uscita di cassa, ma è anche un costo, che fa cambiare il bilancio,
poco o tanto. E da parte di chi vende, la
stessa cosa: è maggiore liquidità, ma anche un ricavo e anche maggiori
tasse e così via. Il metodo, applicato al romanzo, dà esiti
che possono essere scambiati per
verbosità, per banalizzazione, ma non lo sono affatto. Pochi che non
siano ragionieri immaginano che strumento sofisticato e complesso di
rappresentazione della realtà sia quello costruito sulla tecnica
della partita doppia. Marias è un romanziere importante, che applica la partita
doppia anche alle storie più complicate, fino ai limiti del surreale (anche se
non è questo il caso).
Javier Marias |
La storia del matrimonio tra Berta Isla e Tomas Nevinson e
il mondo dello spionaggio che sta sullo sfondo viene resa con questo tipo di
strumentazione. D'altronde non c’è niente di più gustoso per un ragioniere
veramente bravo che sfidare la realtà, prendendo la più complicata
operazione finanziaria o commerciale o di riorganizzazione aziendale e
rappresentarla contabilmente con tutta la precisione del metodo che conosce
alla perfezione.
Per parlare di contenuti, è
un romanzo sull’attesa e sul segreto: sull’arte difficile di gestire l’assenza
delle persone che si amano e delle notizie di quella persona. E poi sul coraggio che ci vuole a coltivare e
onorare il segreto che tutti, senza eccezioni, ci portiamo dentro; il proprio e
quello altrui. Che è poi la chiave vera di tutte le grandi storie d'amore.
Anzi, più in generale, quelle sono le qualità che
contribuiscono a fare lo scheletro di tutte le personalità solide,
degli uomini e delle donne con un carattere. Chi non sa coltivare e rispettare
il mondo segreto proprio e altrui vive e fa vivere male. Volendo scendere ancor
più in profondo, è una storia sulla irrilevanza dei destini individuali e sulla
loro precarietà e
intercambiabilità. Sotto tutti questi punti di vista, di contenuto intendo,
tra i romanzi di Marias di sicuro è tra
i più stimolanti.
Il tutto è reso con un tono narrativo da candore neutro, da fedeltà mite
ai fatti, spostando i cambi di visuale da un protagonista all'altra. La storia è
raccontata dai due personaggi principali con due angolazioni completamente
diverse, incastrate in modo che rende molto bene anche come ritmo narrativo. E
il cambio dalla prima alla terza persona funziona senza attriti e stonature.
Ulteriore merito è quello di raccontare quella che è nonostante
tutto una bellissima storia d'amore,
senza mai scivolare nel sentimentalismo (una cosa che non appartiene ai
ragionieri). E infine riesce a tenersi lontano da un finale consolatorio; lo
lavora invece, il finale dico, in modo elegante
con la tecnica della dissolvenza. Scelta saggia, perché la soluzione lascia tutto lo spazio
che serve per accompagnare per mano
Berta e Tomás nell'immaginazione del lettore ben oltre la parola fine.