La nostra amica R. con questa
rubrica condivide con gli scarabookkianti delle storie.
Sono esperienze
di narrazione di sè che vengono dal suo lavoro di psicoterapeuta ed esperienze di narrazioni che vengono dalle sue
letture. Condividiamo narrazioni nella convinzione che.....
"Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia, e qualcuno a cui raccontarla"
(Danny Boodman Lemon Novecento)
CONOSCERE INSIEME E RICONOSCENZA
Vestono un'intelligenza acuta e raccontano una
storia di sofferenza.
Un viso che sembra essersi sbagliato nell'andare a
depositarsi su un corpo senza forma, appesantito dai farmaci e forse
dall'alcool.
La pausa estiva é stata lunga e in quell'intervallo é
arrivato il decreto del tribunale che conferma che la piccola Anna può rimanere
con lei e con il papà.
Un sollievo ed una responsabilità. Quest'ultima, da
condividere, perché da sola non ce la fa. Per questo è qui. A chiedere aiuto.
"Se non smetto d'essere figlia non posso
essere mamma".
Chiede d'essere accompagnata e sostenuta nella
psicoterapia: un cammino, a volte duro, ma anche vitale. È come quando nel
camminare in montagna, in quelle montagne che occupano il mio sguardo e di cui
sento acutamente la mancanza quando mi allontano dalla mia terra: si sente la fatica, ma anche il piacere di un
corpo che lavora, che origina quell'energia che fa pensare: " ci
sono", " Io, sono".
Piacere e fatica che in Gianna, ora nascono non nel
corpo ma nella mente e traggono forza dal desiderio di guardare negli
occhi ciò che la fa stare così male.
Ha l'inflessione rotonda delle vocali di chi viene da
lontano, così diversa da quella che sono abituata ad ascoltare.
Chiede: quanto tempo? Quanto tempo deve aspettare
prima di accorgersi che il peso che sente di portare da troppo tempo sulle
spalle, il peso di una vita con pochi chiari e molti scuri, cominci ad essere
sopportabile?
É la domanda che nessun terapeuta vorrebbe le fosse
rivolta, ma é la domanda, legittima, che tutti i terapeuti si sentono
rivolgere.
Sento che posso parlarle della sfida: quella che,
entrambe, siamo chiamate a vincere. Saper lanciare la sfida di trovare dentro di
noi la "capacità negativa", Wilfred Bion, uno psicanalista molto
noto, ritiene essere la qualità migliore di qualsiasi terapeuta.
E la capacità di raccogliere questa sfida è la qualità
migliore di qualsiasi paziente.
Adesso sto parlando della "capacità negativa, la capacità di sostare in
incertezza, misteri, dubbi ...... », ma non termino la frase. Perché
Gianna sgrana gli occhi e inizia a sorridere.
La riconosce!
In un fluente inglese dice: "negative capability
...John Keats nella lettera del 1817 al fratello durante un viaggio in
Italia".
Gianna ha ragione: Bion l'ha mutuata dal poeta
inglese, per descrivere la capacità di tollerare l'incertezza, l'ambiguità, il
non-sapere che ogni terapia richiede perché si mantenga viva nel tempo e non
muoia sotto i colpi della fretta e dell'efficienza. La capacità di accettare
che non tutto possa essere risolto. Non temere il limite dell'incompletezza.
Capisco che il momento é prezioso. Non per il contenuto, anche se é
molto importante condividere il pensiero che il cambiamento nella
rappresentazione di sé richiede coraggio e tesse legami imprevedibili.
Più importante però é il processo del riconoscimento. Il momento
in cui due persone, diverse per storia, per identità e per ruolo si riconoscono
in un dettaglio che le accomuna.
Il ricordo di lei giovinetta, stesa sotto un tiglio a
leggere le poesie di Keats in un'estate solitaria incrocia la mia citazione,
giunta per ben altre strade, creando uno spazio in cui ci siamo entrambe; siamo
ambedue presenti. É stato come riconoscere nell'altra una piccola parte di
sé. Un momento in cui ognuna si é detta: " anche tu....".
Ed è dal
ri-conoscere, dal "conoscere di nuovo insieme a qualcuno", che nasce
la riconoscenza.
Sento che é con riconoscenza che nel salutarmi sulla
porta mi dice : "potremo fare un buon lavoro".
È la stessa riconoscenza che io provo nel vederle una
speranza in quegli incredibili occhi blu.
R.