(Arbitrarie suggestioni di lettura)
L’atmosfera del vulcano è speciale. Abbonda di anidride. Chi non è abituato lo avverte. Ecco, quel senso di avvelenamento del respiro, di stordimento, un preludio di asfissia, viene miracolosamente riprodotto dalla prosa.
In questo caso si tratta di un doppio vulcano. Una doppia montagna con in mezzo una fenditura profonda e irrimediabile. Immagine ricorrente, quella che rimanda alla percezione di una separazione senza rimedio di ciò che era unito e fuso in una sola cosa. E produce il senso permanente di una minaccia incombente. Facile il richiamo alla guerra nazista che sta per esplodere sull’Europa lontana, all’eruzione antisemita, alla catastrofe dei suoi valori. Le letture in realtà sono infinite.
E' incredibile tutta la varietà di piani paralleli e di suggestioni ambientali che c'è in questo libro. Il giardino, le bottiglie, i bicchieri, gli animali, le osterie, i quadri alle pareti, tutto si carica di misteriosi significati: diventano segnali criptati provenienti da altri universi di senso.
Lo smisurato orgoglio.
Aleggia su tutto il romanzo. Si fa scortare spesso dal fantasma di Lord Jim (il personaggio più bello di Conrad). Che non addita solo un rimorso o un torto subito dal destino. Piuttosto l'incapacità di accettare la sconfitta e di sostenere il peso dell' errore. Di UN errore.
Ci sono uomini per i quali è intollerabile anche solo il sospetto a posteriori di essere stati giocati dal destino. Che poi dietro il destino ci sia una donna, sé stesso o chissà chi altri non importa. Non ci si perdona di essere caduti in certe inadeguatezze, in certe debolezze, nell'infrazione ad una certa idea di sé. Si sconta l’ autocondanna ad una velleità di perfezione. Il Console beve per evitare che il suo orgoglio ferito lo accoltelli con la vergogna: dolorosa, intollerabile. E ad alimentare continuamente la sua sete alcolica c’è un continuo, fiero pasteggiare il sale delle sue sconfitte. Personaggio da favola, romantico e malinconico, che sorride e fa sorridere di tenerezza. E incute rispetto.
La nausea del lettore
La prosa trasmette nausea da ondeggiamento. Cambia registro, tema, tempo e ritmo in modo imprevedibile. Asseconda il barcollare dell'ubriaco di cui racconta un giorno di vita, l'ultimo. Che è poi il giorno dei morti. Un ubriaco speciale però. Intanto un hombre vertical, dignitoso e austero, elegante anche quando è all'ultimo stadio di obnubilamento etilico. E poi un ubriaco surreale, che ha la lucida consapevolezza dei dettagli, dei colori, delle minute presenze e soprattutto di sè. E che lascia permeare la descrizione di ogni cosa che percepisce del sospetto che quella cosa si elevi a simbolo, a metafora di qualcos'altro. Alzare in alto la testa che sbanda per il lettore è una necessità. E correre dietro alle "occulte persuasioni" contenute nel testo non è un'interruzione della lettura, ma un modo per proseguirla.
La passione
La passione vissuta come un abbaglio inevitabile. “No se puede vivir sin amar”, ma il Console la passione la subisce, non l’ accetta: “Ah, chi sa perchè all'uomo è stato offerto l'amore?” Per lui l'amore è la trappola raffinata di un dio maligno, di un demone che ad un certo punto decide di abitarci, ci possiede. A portare il dolore non è solo il bisogno di un possesso impossibile da soddisfare, non è tanto la gelosia che si riaccende o l'offesa del tradimento e dell’abbandono che si è dovuto subire. L'amore qui produce il riaprirsi improvviso di una vecchia, inguaribile ferita interna: la ferita di Narciso e di tutti i non amati. Fa riaffiorare la peggior condanna che un uomo si possa auto infliggere: quella di riconoscersi sbagliato, perché privo della dignità di oggetto d'amore.
Le lettere d’amore
Lettere d’amore di una donna perduta. Ricevute e lette troppo tardi. Invocavano un perdono ed una resurrezione, che sarebbero ancora possibili, ma a cui è impossibile credere. Allora diventano l’annuncio di una morte quasi invocata e che pure, come sempre, sorprende impreparati.
"....e il silenzio, tremante approccio finale, in tutta rispettabilità, i suoi passi che affondavano nella calamità (ed era questa calamità che egli ora, con Maria, penetrava, la sola cosa viva in lui ora essendo quel bruciante, ribollente crocifisso organo del male...Dio, è forse possibile soffrire più di così, da tanta sofferenza qualcosa deve pur nascere, e nascitura sarebbe stata la sua morte) perchè, oh, come somiglianti sono i gemiti d'amore a quelli dei morenti, come simili quelli d'amore a quelli dei morenti..."