lunedì 3 settembre 2012

CONDIVISIONI. Conoscere insieme e riconoscenza


La nostra amica R.   con questa rubrica condivide con gli scarabookkianti delle storie.
Sono  esperienze di narrazione di sè che vengono dal suo lavoro di psicoterapeuta ed esperienze di narrazioni che vengono  dalle sue letture. Condividiamo narrazioni nella convinzione che.....
"Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia, e qualcuno a cui raccontarla"
(Danny Boodman Lemon Novecento)

  
CONOSCERE INSIEME  E  RICONOSCENZA

Due occhi blu, che  mi osservano e attendono che inizi la seduta.
Vestono un'intelligenza acuta  e raccontano una storia di sofferenza.
Un viso che sembra essersi sbagliato nell'andare a depositarsi su un corpo senza forma, appesantito dai farmaci e forse dall'alcool.
La pausa estiva é stata lunga e in quell'intervallo é arrivato il decreto del tribunale che conferma che la piccola Anna può rimanere con lei e con il papà.
Un sollievo ed una responsabilità. Quest'ultima, da condividere, perché da sola non ce la fa. Per questo è qui. A chiedere aiuto.
"Se non smetto d'essere figlia non posso essere mamma".

Chiede d'essere accompagnata e sostenuta nella psicoterapia: un cammino, a volte duro, ma anche vitale. È come quando nel camminare in montagna, in quelle montagne che occupano il mio sguardo e di cui sento acutamente la mancanza quando mi allontano dalla mia terra: si sente  la fatica, ma anche il piacere di un corpo che lavora, che origina quell'energia che fa pensare: " ci sono", " Io, sono".
Piacere e fatica che in Gianna, ora nascono non nel corpo ma nella mente e traggono forza dal desiderio di guardare negli occhi ciò che la fa stare così male.

Ha l'inflessione rotonda delle vocali di chi viene da lontano, così diversa da quella che sono abituata ad ascoltare.
Chiede: quanto tempo? Quanto tempo deve aspettare prima di accorgersi che il peso che sente di portare da troppo tempo sulle spalle, il peso di una vita con pochi chiari e molti scuri, cominci ad essere sopportabile?
É la domanda che nessun terapeuta vorrebbe le fosse rivolta, ma é la domanda, legittima, che tutti i terapeuti si sentono rivolgere.
Sento che posso parlarle della sfida: quella che, entrambe, siamo chiamate a vincere. Saper lanciare la sfida di trovare dentro di noi la "capacità negativa", Wilfred Bion, uno psicanalista molto noto, ritiene essere la qualità migliore di qualsiasi terapeuta.
E la capacità di raccogliere questa sfida è la qualità migliore di qualsiasi paziente.

Adesso sto parlando della "capacità negativa, la capacità di sostare in incertezza, misteri, dubbi ...... », ma non termino la frase. Perché Gianna sgrana gli occhi e inizia a sorridere.
La riconosce!
In un fluente inglese dice: "negative capability ...John Keats nella lettera del 1817 al fratello durante un viaggio in Italia".
Gianna ha ragione: Bion l'ha mutuata dal poeta inglese, per descrivere la capacità di tollerare l'incertezza, l'ambiguità, il non-sapere che ogni terapia richiede perché si mantenga viva nel tempo e non muoia sotto i colpi della fretta e dell'efficienza. La capacità di accettare che non tutto possa essere risolto. Non temere il limite dell'incompletezza.

Capisco  che il momento é prezioso. Non per il contenuto, anche se é molto importante condividere il pensiero che il cambiamento nella rappresentazione di sé richiede coraggio e tesse legami imprevedibili.
Più  importante però é il processo del riconoscimento. Il momento in cui due persone, diverse per storia, per identità e per ruolo si riconoscono in un dettaglio che le accomuna.
Il ricordo di lei giovinetta, stesa sotto un tiglio a leggere le poesie di Keats in un'estate solitaria incrocia la mia citazione, giunta per ben altre strade, creando uno spazio in cui ci siamo entrambe; siamo ambedue presenti. É stato come riconoscere nell'altra una piccola parte di sé. Un momento in cui ognuna si é detta: " anche tu....".

Ed è  dal ri-conoscere, dal "conoscere di nuovo insieme a qualcuno", che nasce la riconoscenza.
Sento che é con riconoscenza che nel salutarmi sulla porta mi dice : "potremo fare un buon lavoro".
È la stessa riconoscenza che io provo nel vederle una speranza in quegli incredibili occhi blu.
R.