mercoledì 29 giugno 2022

Con irriverenza parlando di Mino Maccari

 


Leggere e rileggere Mino Maccari mi piace tanto anche per un motivo che non dipende da lui. È uno degli italiani che più si cita senza nominarlo. Il più delle volte, senza neanche sapere chi fosse o scambiandolo per un altro (spesso, Flaiano, di cui era amico ed a cui lo accomunava l’intelligenza inguaribile e rassegnata, il dono della sintesi, la capacità di usare le parole a volte come fionde o scudisci, a volte come tarli nella mente). Non lo dico per compiangerlo. Al contrario: non c’è niente di più bello che veder riconosciute belle e buone cose tue, senza che chi lo fa sappia che sono tue. Fosse ancora in vita Maccari ne godrebbe, sono sicuro; lo divertirebbe da matti. Un piacere sofisticato, sottile, un piacere per pochi nella società dell’immagine e del marketing. È come quando rivedi e correggi anche in modo pesante le prose altrui e ti dicono: “ma andava bene allora? Non hai cambiato niente? Io questo volevo scrivere”. Meglio di un applauso. 

“Ho una famiglia da farmi mantenere” tanto per dire l’ha scritta lui e nonostante Flaiano l’abbia riportato con tutto l’onore della attribuzione di paternità, passa per essere roba di Flaiano. Stessa cosa per “cercavo un impiego, ho trovato un lavoro”. O anche “un pugno di uomini indecisi a tutto”. Oppure “ho poche idee ma confuse”. Al di là di questo, il libricino è una fonte inesauribile di godimento e di rovelli mentali. Da due righe, a volte da due parole, si parte per giri che portano lontanissimo. Prendete questo ferocissimo epitaffio in due parole, appunto: “Nacque, nocque”. Su quante (e quali) tombe potrebbe esser messo? Oppure pensate alla trama di amori giovanili prematuramente perduti che potrebbe stare dietro a quello che pure come un epitaffio si può leggere: “E fu così che io persi la sua verginità”. Oppure, dichiarare di avere “progetti per il passato”: quanta letteratura (magari proustiana) ci può stare, dietro? Poi, c’è che queste intelligenze capace di spremere situazioni e concetti come limoni e servirvi il succo in gocce, col passare del tempo ci sembra avessero il dono della preveggenza; ma è solo appunto la capacità di andare all’essenza. Per esempio, in tempo di recrudescenza estiva del Covid per generale rilassamento, trovare una cosa così, colpisce (soprattutto se il Covid, per quanto annacquato, comunque te lo sei beccato): “Disse il bacillo/ Mi sento arzillo,/ Vedo che arriva/ Chi mi coltiva”. O in tempo di guerra, con i ragazzini russi mandati a massacrare e massacrarsi senza dirglielo, fa il suo effetto leggere “Dare loro alla Patria” (andava di moda con l’apostrofo allora, ma scriverlo senza non era e non è roba per tutti). Come pure, in un’epoca così disperata da fidarsi degli influencer, fa bene leggere una perla così: “I meno dotati sono sempre i più attivi. Il nulla li rende leggeri, mobili e pronti a innumerevoli iniziative”. Ti apre la testa con il forcipe, c’è poco da fare. 

Con Flaiano, condivideva anche il gusto per i pozzi artesiani di senso. Sono buchi fatti nell’ovvio o, al contrario, nel surreale da cui continua a sgorgare di tutto: “Dopo aver trovato, è allora che bisogna cercare”. O anche “E Provvisorio uccise Definitivo”. E ancora “Ho già tante colpe per conto mio, che non mi è assolutamente possibile tollerare quelle degli altri”. Oppure “Oggi, o mai più” che da auto-ultimatum, diventa via di fuga, speranza volitiva di in/evasione eterna. E sullo stesso tema “Non fare oggi ciò che non potrai fare domani”; e così sei proprio al sicuro. Era un gran dispensatore di saggezza sotto mentite spoglie Maccari, di consigli amari e cinici “Meglio bastardi che mai”, “Fotti e non parole”, “Se sei onesto sei fottuto”. Ma anche le istantanee di un’epoca o di una città sono da incorniciare. Quella democristiana per esempio: “Della camicia nera i tristi eredi / Se la sono allungata fino ai piedi”. O quella di una Roma postribolare: “Quando annotta/ Spunta la mignotta/ E par che dia/ Un po’ di vita all’archeologia”. E capace anche di un audace, disincatato romanticismo “D’amor sostegno/ Spesso è l’assegno/ Un cuore esperto/ Lo vuol coperto/ Un cuor devoto/ Lo prende a vuoto”. E amen.