venerdì 12 novembre 2021

Elegie duinesi di Rainer Maria Rilke

 



Opera filosofica in versi di straordinaria ed insondabile bellezza. Posta sul crinale tra il bisogno di trascendenza e la disperata percezione del Vuoto. Tra il vitalismo di un romanticismo ottocentesco ormai maturo e il cupio dissolvi del novecento che si affaccia. Tra la vaga intuizione di un nuovo misticismo “scientifico” e il nichilismo. Non si finisce mai negli anni di rileggerla, interpretarla, per scovarci dentro nuovi lampi di luce sulla condizione umana e sul senso dell’essere. 

Sulla condanna solo umana di saperci mortali. 

Sulla acquisizione faticosa della consapevolezza che Dio è morto e che “La loro chiesa comprata bell’e fatta linda e chiusa e delusa come un ufficio postale di domenica” non è più in grado di dare nessuna risposta. 

Sull’orgoglioso tentativo di rifugiarsi nell’arte per tentare di trovare lì un modo per capire, una via di salvezza dall’oblio per noi e per ogni cosa che ha avuto il dono o la condanna di essere; oppure forse per ricavarne solo una consolazione. Perché “il bello non è che il tremendo al suo inizio”. 

Sulla orgogliosa rivendicazione dell’accettazione del dolore della condizione umana come l’unica via per praticare e nobilitare l’arte, quell’unica forma di creazione e di illusione di permanenza a cui possiamo accedere. Prima che anche il privilegio umano del “Dire” e del percepire la bellezza vada perduto nel silenzio dell’ ”eterno imperturbabile”.