martedì 12 giugno 2018

Warlock di Oakley Hall


Come “Lonesome Dove”, un bel romanzo sulla Nuova Frontiera, sul West insomma e quindi sulle fondamenta degli Stati Uniti. Un libro del ’58, che è, anche questo, già  revisionista. Perché guarda al fenomeno storico per quello che fu e non si allinea alla mitizzazione cinematografica con i suoi manicheismi. Gli ingredienti (il pistolero, il duello, il cow boy, il saloon, la prostituta, il whisky, lo sceriffo e via dicendo)  ci sono tutti, ma riportati ai loro chiaroscuri autentici e soprattutto alla loro realtà storica. Sottoscrivo in grassetto e sottolineato quando l’autore dice che “il compito della letteratura romanzesca è la ricerca della verità, non dei fatti”. Ed alla verità di quella storia questo romanzo dà un contributo importante.

Il West fu anche quello di una umanità che smetteva di cavalcare e tentava di strutturarsi; che a un certo punto passava dalla predazione all’allevamento, all’agricoltura o come in questo caso allo sfruttamento delle miniere. E quindi dal nomadismo alla stanzialità, dalla vita nelle praterie alla città. Se Lonesome Dove raccontava di un piccolo gruppo di uomini e donne in movimento dal Texas al Montana, qui si racconta di un paese (Warlock appunto) che tenta di organizzarsi in comunità. Al centro c’è il grande tema americano (e non solo ovviamente) del confine mobile e guerreggiato tra libertà individuale e convivenza sociale. Perché non appena gli uomini si fermano più o meno stabilmente dentro a quattro mura che si affacciano su una strada si pone il problema delle regole: di chi le stabilisce e di chi ne garantisce il rispetto. In poche letture si vede così bene la fatica e la sofferenza che costa tentare di garantire sicurezza, pace sociale, giustizia ad un costo tollerabile e accettato di limitazione della libertà individuale. E quanto resistente sia la mente degli uomini  e delle donne  a faticare per riportare sotto un qualche controllo il calderone che gli ribolle dentro. C’è sempre qualcuno a cui sembra che farlo ribollire liberamente sia l’unico modo per affermare di esistere, per rivendicare la propria identità, il proprio orgoglio, la propria libertà di individui. Gli esiti possono essere imprevedibili. Come a Warlock.

Dunque, non certamente un romanzo solo di genere. Anche per qualità di scrittura (i dialoghi in particolare sono praticamente perfetti), scavo psicologico dei protagonisti, capacità di rendere un mondo, con tutte le sue colorazioni ambientali e sociali. Due difettucci marginali a volerli trovare ci sono. Il primo è il numero eccessivo di personaggi che restano solo abbozzati. Molti sembrano figure di cartone messe lì a riempire la scena. Il secondo è un qualche calo della tensione narrativa qui e là. Si riprende subito però e sono difetti che si possono anche accettare,  perché la storia è bella, con sfumature di senso e alternative aperte di interpretazione che catturano. In ogni caso il risultato finale è più che buono.