Come “Lonesome Dove”, un bel romanzo sulla Nuova
Frontiera, sul West insomma e quindi sulle fondamenta degli Stati Uniti. Un
libro del ’58, che è, anche questo, già
revisionista. Perché guarda al fenomeno storico per quello che fu e non
si allinea alla mitizzazione cinematografica con i suoi manicheismi. Gli
ingredienti (il pistolero, il duello, il cow boy, il saloon, la prostituta, il whisky,
lo sceriffo e via dicendo) ci sono
tutti, ma riportati ai loro chiaroscuri autentici e soprattutto alla loro realtà
storica. Sottoscrivo in grassetto e sottolineato quando l’autore dice che “il
compito della letteratura romanzesca è la ricerca della verità, non dei fatti”.
Ed alla verità di quella storia questo romanzo dà un contributo importante.
Il West fu anche quello di una umanità che smetteva di
cavalcare e tentava di strutturarsi; che a un certo punto passava dalla predazione all’allevamento, all’agricoltura o come in questo caso allo sfruttamento delle
miniere. E quindi dal nomadismo alla stanzialità, dalla vita nelle praterie
alla città. Se Lonesome Dove raccontava di un piccolo gruppo di uomini e donne in
movimento dal Texas al Montana, qui si racconta di un paese (Warlock appunto)
che tenta di organizzarsi in comunità. Al centro c’è il grande tema americano
(e non solo ovviamente) del confine mobile e guerreggiato tra libertà
individuale e convivenza sociale. Perché non appena gli uomini si fermano più o
meno stabilmente dentro a quattro mura che si affacciano su una strada si pone
il problema delle regole: di chi le stabilisce e di chi ne garantisce il
rispetto. In poche letture si vede così bene la fatica e la sofferenza che
costa tentare di garantire sicurezza, pace sociale, giustizia ad un costo
tollerabile e accettato di limitazione della libertà individuale. E quanto
resistente sia la mente degli uomini e
delle donne a faticare per riportare
sotto un qualche controllo il calderone che gli ribolle dentro. C’è sempre
qualcuno a cui sembra che farlo ribollire liberamente sia l’unico modo per
affermare di esistere, per rivendicare la propria identità, il proprio
orgoglio, la propria libertà di individui. Gli esiti possono essere
imprevedibili. Come a Warlock.
Dunque, non certamente un romanzo solo di genere.
Anche per qualità di scrittura (i dialoghi in particolare sono praticamente
perfetti), scavo psicologico dei protagonisti, capacità di rendere un mondo, con
tutte le sue colorazioni ambientali e sociali. Due difettucci marginali a
volerli trovare ci sono. Il primo è il numero eccessivo di personaggi che
restano solo abbozzati. Molti sembrano figure di cartone messe lì a riempire la
scena. Il secondo è un qualche calo della tensione narrativa qui e là. Si
riprende subito però e sono difetti che si possono anche accettare, perché la storia è bella, con sfumature di
senso e alternative aperte di interpretazione che catturano. In ogni caso il
risultato finale è più che buono.