Inevitabile il confronto con “Qualcosa dei Lehman”, una
delle cose più originali e più suggestive che si sono scritte e lette in Italia
negli ultimi anni (bellissima la versione teatrale di Ronconi, con Popolizio e
Gifuni straordinari). Dal punto di vita letterario non regge il confronto, ma è
anche questo un libro originale. E' un catalogo di sogni e di interpretazioni
dei sogni impaginato come un racconto. Con al centro un Freud letterario
rigorosamente ricostruito.
Il pregio narrativo è che la lettura non stanca, non
annoia; perché produce e soddisfa interesse e curiosità, senza cali di
tensione. A tratti anzi ha la cadenza di un giallo investigativo. E spesso, nei
meccanismi e nelle conclusione, stupisce.
La cosa forse più interessante e più utile è il modo in cui
il Freud di Massini tira fuori dai casi che gli si presentano o che si procura
dalla sua stessa vita onirica e famigliare un criterio generale e un metodo di
approccio da poter tenere da parte. E senza sacrificare nulla alla veste
narrativa.
Dal “racconto” esce fuori una rappresentazione del modo in
cui funziona la nostra mente; da una parte le sue esigenze di controllo e di
narrazione funzionale alla visione di noi stessi che abbiamo o che vogliamo
costruire. Dall’altra, una presenza ribelle, astuta e irriducibile, più colta e
sapiente di quanto immaginiamo di essere, che non dimentica niente e non smette
mai di affermare la sua verità. Che poi altro non è che il modo in cui davvero
sentiamo e vediamo noi stessi e la realtà che ci capita di vivere. Una presenza
che lavora a nostra insaputa e che emerge nel sogno, nelle immagini
incontrollate che produciamo, senza obbligo di trama e di senso, senza vincoli
di spazio e di tempo, quando la nostra coscienza sparisce nel sonno.
“chi parla, in me, nei miei sogni? Chi entra nel mio corpo,
ogni notte, puntuale, dopo il trabocchetto che ci fa chiudere gli occhi?”