mercoledì 31 gennaio 2018

La famiglia Aubrey di Rebecca West



È il primo volume di una trilogia che racconta la storia di una famiglia e di tre sorelle. Primissimo novecento: quando tutto deve ancora accadere, nella storia del secolo e delle tre ragazze (che poi in realtà diventano quattro e la quarta è un gioiello di personaggio).


Quel che succede nel primo libro è la storia di un'infanzia collettiva, raccontata da una delle tre cinquant'anni dopo: le difficoltà economiche, i riti domestici, le dinamiche quotidiane, la figura contraddittoria eppure mitizzata del padre, la figura gigantesca eppure compressa e sofferente della madre, qualche personaggio di contorno da incorniciare (la Zia Lily in primis). Poi c'è il ruolo centrale della musica, dell’educazione alla musica e della formazione alla musica come ragione di vita (e questa cosa dicono  è scritta come pochissimi sono riusciti a fare in letteratura). Poca o niente trama. Poco o niente di fatti che accadono. Molte bellissime descrizioni. Più di uno stimolo alla riflessione. Per chi cerca adrenalina, movimento, effetti più o meno speciali, meglio lasciar perdere.

Per gli altri, è uno romanzo di quelli che non si scordano; di sicuro è una cosa di una qualità letteraria altissima. Incredibile che sia pubblicato (male: un sacco di refusi) da una piccola casa editrice e non rieditato in almeno uno, il secondo, dei tre volumi (introvabile). In compenso ha sempre goduto di una critica entusiasta. Qualcuno ha giustamente parlato di "incantamento". In effetti, per un lettore comune ben predisposto dopo poche pagine diventa uno dei piaceri della giornata a cui tornare non appena possibile. Per lo scarabookkiante è da  mettere di sicuro tra le cose migliori lette negli ultimi anni. Per qualità della scrittura, per resa delle atmosfere, per la capacità di usare il "linguaggio marziano" dell'infanzia e anche per l'esempio che è di scrittura al femminile. E la scrittura femminile quando è così alta, per sensibilità e grazia, per empatia e disincanto insieme, è quasi irraggiungibile. Gli uomini ci riescono solo se sono giganti della letteratura.

Nazione Indiana ha pubblicato questa cosa linkata qui sotto, con un paragone che forse  c’entra poco, ma per il resto è un buon modo per approfondire la conoscenza. Per chi non avesse pazienza riporto la cosa più giusta che dice:

“Nelle pagine della West, come in ogni vita che si rispetti e come in tutta la grande letteratura, quel che conta sono i momenti e il flusso in cui sono immersi, non quello che si impara o dove si va a finire. L’attesa della vita e la vita stessa sono una cosa sola; l’una senza l’altra non avrebbe lo stesso gusto, e men che meno lo stesso valore. Se c’è qualcosa che questo libro vi insegna è questo, e non è poco, e lo fa mentre vi parla di tutt’altro.”