È il primo volume di una trilogia che
racconta la storia di una famiglia e di tre sorelle. Primissimo novecento:
quando tutto deve ancora accadere, nella storia del secolo e delle tre ragazze
(che poi in realtà diventano quattro e la quarta è un gioiello di personaggio).
Quel che succede nel primo libro è la storia di un'infanzia
collettiva, raccontata da una delle tre cinquant'anni dopo: le difficoltà
economiche, i riti domestici, le dinamiche quotidiane, la figura
contraddittoria eppure mitizzata del padre, la figura gigantesca eppure
compressa e sofferente della madre, qualche personaggio di contorno da
incorniciare (la Zia Lily in primis). Poi c'è il ruolo centrale della musica,
dell’educazione alla musica e della formazione alla musica come ragione di vita
(e questa cosa dicono è scritta come pochissimi
sono riusciti a fare in letteratura). Poca o niente trama. Poco o niente di
fatti che accadono. Molte bellissime descrizioni. Più di uno stimolo alla
riflessione. Per chi cerca adrenalina, movimento, effetti più o meno speciali,
meglio lasciar perdere.
Per gli altri, è uno romanzo di quelli che non si scordano;
di sicuro è una cosa di una qualità letteraria altissima. Incredibile che sia
pubblicato (male: un sacco di refusi) da una piccola casa editrice e non
rieditato in almeno uno, il secondo, dei tre volumi (introvabile). In compenso ha sempre goduto di una critica entusiasta. Qualcuno ha
giustamente parlato di "incantamento". In effetti, per un lettore
comune ben predisposto dopo poche pagine diventa uno dei piaceri della giornata
a cui tornare non appena possibile. Per lo scarabookkiante è da mettere di sicuro tra le
cose migliori lette negli ultimi anni. Per qualità della scrittura, per resa
delle atmosfere, per la capacità di usare il "linguaggio marziano" dell'infanzia
e anche per l'esempio che è di scrittura al femminile. E la scrittura femminile
quando è così alta, per sensibilità e grazia, per empatia e disincanto insieme,
è quasi irraggiungibile. Gli uomini ci riescono solo se sono giganti della
letteratura.
Nazione Indiana ha pubblicato questa cosa linkata qui sotto,
con un paragone che forse c’entra poco, ma per il resto è un buon modo per
approfondire la conoscenza. Per chi non avesse pazienza riporto la cosa più
giusta che dice:
“Nelle pagine della West, come in ogni vita che si rispetti
e come in tutta la grande letteratura, quel che conta sono i momenti e il
flusso in cui sono immersi, non quello che si impara o dove si va a finire.
L’attesa della vita e la vita stessa sono una cosa sola; l’una senza l’altra
non avrebbe lo stesso gusto, e men che meno lo stesso valore. Se c’è qualcosa
che questo libro vi insegna è questo, e non è poco, e lo fa mentre vi parla di
tutt’altro.”