venerdì 24 novembre 2017

J.R. di William Gaddis







Pochi romanzi hanno tanto tormentato lo scarabookkiante e pochi lo hanno altrettanto divertito. A riguardarlo adesso (sarà per la lettura in ebook e la tecnica di usare i colori per evidenziare e inserire note), più che un romanzo mi sembra un videogame. E’ vero che va decrittato, che è lungo e che fa faticare tanto, ma se usi la leggerezza e la curiosità con cui si gioca o si legge un giallo o con cui si scorrerebbe, come qualcuno ha detto, "il resoconto di una gigantesca intercettazione ambientale" è una lettura molto, molto divertente (ebbene si!).

Che si intercetta?
Per strizzare, direi due mondi.


Il primo è un mondo fondato sull’attrito delle cose materiali, in cui si fa fatica a fare qualsiasi cosa. Comporre musica o scrivere un libro; fare scuola o fabbricare carta da parati; gestire una separazione famigliare o una successione ereditaria: ogni cosa che va “fatta” costa cara ed è difficilissima da portare a termine. Un mondo in cui ogni sforzo produce una specie di raspare esasperante. Qualsiasi oggetto o personaggio riesce a esistere solo trascinandosi e raschiando su una realtà che gli fa resistenza. Rumorosamente, dolorosamente. Tutti hanno incidenti; tutti si feriscono. Qualcuno si ammala, qualcuno si ammazza. Ci sono piedi che inciampano, scarpe con le suole che si aprono e si trascinano, camice che si impigliano, pantaloni che si strappano, pacchi che cadono, pagine che si perdono o si sporcano, acqua che scorre senza controllo. Persino gli orologi incontrano attrito nel passare da un minuto all'altro: le descrizioni delle lancette degli orologi che arrancano circondate da pacchi pesanti e voluminosi sono cammei. Solo pochi irregolari, ai margini della vita sociale, riescono ad aprire uno spiraglio per percepire ed esprimere un sentimento, la bellezza, l'umana capacità creativa.

Nell'altro mondo invece c’è il denaro, storicamente fotografato dopo la rottura della parità aurea decisa da Nixon. Il denaro agli albori del capitalismo finanziario, appena liberato da tutti i vincoli a valori solidi, all'oro. E' in quel momento che il denaro si stacca dalla materia, dalle cose e comincia ad alzarsi in volo da solo, a scivolare leggero, a scavalcare come un razzo i confini degli stati e delle monete, alzando nei suoi cieli o facendo precipitare chi lo cavalca. E’ in quel momento che comincia a diventare una entità ai confini del puro Spirito, lo Spirito del capitalismo. Pervade tutto e a tutto promette la salvezza. Quella che percorre d'altronde è  la vecchia strada del sogno dell'eterna salvezza dalla prigione mortale, quella della materia, appunto.

Attenzione però: qui non si parla del denaro che portiamo in tasca, quello per le cose di tutti i giorni, quello stampato sulle banconote o scolpito in un metallo, che è ancora legato ad un supporto e dunque soggetto alle leggi della materia. Trovare qualche dollaro per vivere, per mangiare o pagare un biglietto ferroviario o anche trovare qualche monetina per telefonare è un’impresa difficoltosissima. Farsi prestare qualche migliaio di dollari è sottoporsi ad un calvario. Al contrario, far circolare virtualmente milioni di dollari che non si hanno e che non esistono è facilissimo; moltiplicare i debiti e trasformarli in un vantaggio fiscale è come la formula magica che si trova in una favola biblica (per esempio, una società che produce perdite non fallisce, ma diventa una appetitosissima “bara fiscale” dove seppellire utili e quindi da comprare subito); costruirsi un impero tra azioni, obbligazioni, dividendi, benefici fiscali è un gioco da ragazzi. E infatti JR è (anche) la storia di un bambino che ha undici anni e che ci riesce. Sugli esiti (si fa per dire), ovviamente non dico niente.

Dunque, qui ci si potrebbe fermare, salvo aggiungere una annotazione. Basta osservare il nostro quotidiano e confrontarlo con linguaggi, protagonisti fatti e cifre di un tiggí per rendersi conto quanto questo doppio mondo, questo mondo schizofrenico, a doppio regime di forza di gravità (prima che di ricchezza), con due regimi fisici di attrito sideralmente lontani, somigli alla nostra realtà di oggi. Si capisce subito quanto questo romanzo, scritto nel ’75, prima di Reagan, degli anni’80, dei mutui subprime, del finanz-capitalismo abbia di profetico. Sembra usi la propria potenza visionaria e creativa come un ecografo, Gaddis e con quello guardi l'embrione di un mostro che si sta sviluppando: l’embrione della società globale, l'embrione dell'uomo liquido di Bauman, l’embrione della degenerazione finanziaria del capitalismo e di questo salto epocale in giù, nel buio, che stiamo vivendo e che qualcuno chiama ancora eufemisticamente crisi. Vede persino l’embrione (postale e telefonico) della rete planetaria di comunicazione che verrà con internet.
William Gaddis

Certo, perverso divertimento a parte, abitare questi due mondi costa al lettore tempo e fatica. Ne vale la pena?
Facciamo rispondere lui, Gaddis, a modo suo:
".....non c'è niente che vale la pena di fare, mi ha detto, niente che vale la pena di fare finché non l'hai fatto, e allora valeva la pena di farlo anche se non ne valeva la pena perché è l'unica cosa che...»
 (Dicono avesse in biblioteca tutti i libri di Gadda, Gaddis. Li ha letti, sicuro.)