sabato 16 marzo 2013

Marcel Proust: il sadismo e la crudeltà


Lo spunto ci è venuto da uno degli episodi di profanazione incastonati nella Recherche. 
Qui ad essere profanata, durante un atto d’amore tra Mademoiselle Vinteuil e  la sua amante, attraverso una foto, è la memoria del padre, appena perduto; un musicista mite e legatissimo alla figlia. Eppure sono due ragazze dall’ “animo virtuoso”; nessuna delle due è “cattiva”. Mademoiselle Vinteuil stessa è affezionatissima al padre e lo ha amorevolmente assistito fino alla fine. 
Partendo da questo celebre scenario narrativo, osservato di nascosto e quasi involontariamente, attraverso  i vetri di una finestra chiusa, dietro ai cespugli di una scarpata, Proust ci porta per mano a  vedere qualcosa di sorprendente. Riguarda il tema del sadismo e della crudeltà, che nella Recherche tornerà  ancora, in pagine potentissime. 
Le spinte mentali a procurare il dolore, a praticare il male, possono essere molto diverse tra loro.

 "Non era il male a darle l’idea del piacere, a sembrarle piacevole; era il piacere a sembrarle maligno.
  E poiché ogni volta che vi si abbandonava, s’accompagnava per lei a cattivi pensieri per il resto assenti dal suo animo virtuoso, il piacere finiva con l’apparirle come qualcosa di diabolico, identificandosi con il Male.
  Forse Mademoiselle Vinteuil sentiva che, nel fondo, la sua amica non era cattiva, e che non era sincera quando le faceva quei discorsi blasfemi.
  Ma aveva almeno il piacere di baciare sul suo volto dei sorrisi, degli sguardi magari finti, ma analoghi nella loro espressione abietta e viziosa a quelli che avrebbe potuto trovare in una creatura, non di bontà e sofferenza, ma di crudeltà e piacere.
  Poteva immaginare, per un istante, di fare sul serio i giochi che avrebbe fatti con una complice tanto snaturata da provare veramente quei sentimenti barbari verso la memoria di suo padre.
  Forse non avrebbe pensato al male come a uno stato così raro, così straordinario, così vertiginoso, dov’era così riposante rifugiarsi, se avesse saputo cogliere in se stessa, come in tutti, quell’indifferenza alle sofferenze da noi provocate che è, comunque la si voglia chiamare, la forma terribile e permanente della crudeltà."
(Alla ricerca del tempo perduto - Dalla parte di Swann – pag. 200)

Intanto va detto che bisognerebbe risalire a tanta parte di una ultramillenaria cultura sessuofobica per ricostruire le origini del ponte mentale tra  il piacere ed  il male, così lucidamente disegnato da Proust. Ma qui sono altre le cose che ci interessano.


La prima sta proprio nell’annotazione che spesso sono anime virtuose, rigorose e sofferenti, quelle che si incamminano su quel ponte, a cercare il loro piacere attraverso il dolore dell’altro. Anche di un altro
che amano. E’ una umanità per la quale la sfera in cui risiede il piacere si è ristretta (per conformismo, per quei condizionamenti sessuofobici accennati)  fino a identificarsi con quella diabolica del male.
E così, lo spazio in cui  ci si abbandona ad esso e in cui si impone all’altro il dolore fisico o morale diventa l’unico dove potersi concedere l’abbandono nel piacere.
E’ un corto-circuito mentale, patologico e paradossale. Per questa umanità  la vera blasfemia da cui tenersi lontani, il vero peccato da non commettere sembra esser quello di  “sporcare” l’amore, quello puro, autentico, quello dello spirito, con il piacere del corpo, con la comunione fisica nel reciproco godimento.

La seconda è  nell’ultimo capoverso ed è la distinzione tra il sadismo e l’altra grande spinta mentale a procurare dolore.
Forse il male non avrebbe questo fascino così vertiginoso se si scoprisse, che nella sua sorgente profonda, assai più di frequente non c’è quel paradosso, non c’è la ricerca del piacere: c’è  solo l’indifferenza, che è la “forma terribile e permanente della crudeltà”.
La crudeltà è cosa parallela, ma diversa dal sadismo, dunque. Può nascere da qualcosa di molto più comune e banale: dall’assenza di attenzione e di consapevolezza verso la sofferenza che generiamo.
E’ banalmente atroce, ma  la ordinaria crudeltà  si genera più di frequente “solo” da “quell’indifferenza alle sofferenze da noi provocate”.
Esattamente come nel  bambino che gioca con una lucertolina,  essere vivente ridotto a mero giocattolo.

Il pensiero corre a  titoli di altre opere, centrate o tangenziali su questo tema, come per esempio  “La banalità del male” della Arendt o anche “La porta” della Szabo.
Si intuisce una profezia sulla shoah che stava per arrivare.
Affiorano racconti o ricordi di persone, che hanno inflitto sofferenze gratuite, senza ricavarne alcun piacere, alcun beneficio. Per pura indifferenza, per  mancanza di tempo e di attenzione, prima ancora che di empatia o di rispetto.

La lettura di Proust muove sempre la mente.