domenica 26 dicembre 2010

Bugiardi o Reticenti?

Franca Valeri
Franca Valeri ha scritto una autobiografia. Non l'ho ancora letta, ma, in tanti dicono, è da leggere. Già il titolo è di quelli che da soli fanno metter lì a pensare.
Era la madre che le diceva così, da ragazzina:
"La Franca non è bugiarda, è reticente". 
In buona misura, si sbagliava, evidentemente. Franca Valeri ha poi scelto la finzione elevata ad arte, quella pubblica e palese del teatro e della scrittura per smentirla. Come tutti gli artisti della parola, ha scelto la realtà inventata per illuminare quella vera. E c'è riuscita in modo straordinario. 
Il mondo dell'arte d'altronde è pieno di grandi bugiardi.




Tra bugiardo e reticente il confine solo in apparenza è sottile. Sono due universi mentali in cui, chi più chi meno, transitiamo tutti. Ma sono universi diversi e, per tanti versi, anche opposti. 
Lasciando stare nella pace del Giusto chi dice sempre la verità e tutta intera, qual è il peggiore tra i due? 

La mia opinione la voglio dire senza  bugie e senza reticenze: il reticente, per me,  è molto peggio di un bugiardo. 
Lo è perchè negli effetti falsifica come il bugiardo, ma agisce in muta passività. Nasconde la propria verità su quel che fa, su quel che è, su quel che pensa. Rifiuta di esprimerla, semplicemente. Manipola le relazioni che  intrattiene senza il coraggio, senza il carattere che non solo il dire la verità, ma anche il mentire comporta; senza assumersene la responsabilità. E così lascia all'onesta e solitaria fatica altrui il facile errore di giungere a false conclusioni.
Se la bugia poi richiede uno sforzo di creatività, per quanto distorta, e vuole la luce di un palcoscenico accesa su una recita, la reticenza implica il buio nella comunicazione, il silenziamento delle emozioni, prima con gli altri e poi con sè.

La bugia richiede un esercizio di attenzione, di socializzazione, di apertura. 
La reticenza è un non esercizio che sottintende la svalutazione, l'indegnità dell'altro, il rigetto. Ha l'impronta dell'ipocrisia. Forse è per questo che nei paesi cattolici viene condannata (e non sempre) con le parole, ma incoraggiata con gli esempi.  Molti la vedono anche come una scelta perbene, elegante, da undicesimo comandamento, quello del "Non mischiarti".

Mi consola il credere che si vive peggio da reticenti che da bugiardi. Intanto perchè si è più soli. E poi perché la falsificazione potenziale disseminata nel non detto, nel silenzio, nella chiusura, nel lasciarsi mal interpretare rimbalza addosso al dissimulatore e finisce con l'abitarlo. Il sottrarsi alla parola, al confronto, suicida col silenziatore. Chi abita stabilmente l'universo  mentale della reticenza alla fine, spesso nasconde e falsifica e tace anche a se stesso. E tanti di questa specie infelice piano piano e senza accorgersene si abituano  a vivere come lo struzzo, con  la faccia imbucata in una tana. Il risultato è che, inevitabilmente, per codardìa, per sola mancanza di coraggio, lasciano consumare al resto del mondo  un'altra parte di sé. Non la migliore.
Ed a guardar bene, quando ti capita un incontro ravvicinato, te ne accorgi quanto si sono consumati: eccome se te ne accorgi!