giovedì 16 settembre 2010

DELITTI ESEMPLARI


Il libretto di Max Aub "Delitti esemplari", in una sessantina di pagine, "contempla" circa novanta delitti. Storie vere, dice. Scherzetti, in realtà. Ma inquietanti.
Non ci si aspetti di trovare exempla sui modi di ammazzare.
Basta una pietra, una spinta. Sono i moventi, che fanno "exempla".
E, in questi delitti esemplari, il movente è spesso banalissimo. Insofferenza verso il prossimo, stizza, goccia che fa traboccare il vaso (o la boccettina ).
Assassinio come atto liberatorio e catartico.
Il senso di "vicinanza" che si prova verso l'assassino, piuttosto che verso la vittima, allontana il lettore dal discrimine bene/male, da ogni senso di "moralità".
Siamo tutti potenziali omicidi.
Si preferiscano i surrogati. Maleparole e malipensieri.
O immaginazioni, come queste.



E certo, dove parcheggiare se non davanti al mio cancello per andare comodamente a giocare la bolletta delle scommesse? Che colpa ne hanno, poverini, mica possono fare due o trecento metri a piedi per andare a giocare la bolletta. E io devo aspettare che il giocatore di turno faccia i suoi porci comodi per poter entrare in casa mia. Dieci minuti con il clacson a tutto andazzo, come sempre, dopo una giornata di lavoro, la dose quotidiana di traffico e poi  sotto casa ad aspettare che mi si liberi il cancello.
E mi fa "mi faccia il piacere". E "stai calma", dice. Ma che roba! Ho preso il bullock, gli ho sfracellato la testa. Adesso sono calma. Contento?

***

Anche io ci tengo molto all'igiene, si. Lavo i pavimenti con il disinfettante, amuchina sulle superfici. Ma l'aspirapolvere alle 5 del mattino, ecco, mi sembra davvero segno di insanità mentale.
Tutte le mattine alle 5, cronometro alla mano.
Le ho dato fuoco.
L'ho disinfettata per bene: nulla è più purificante del fuoco.


***

Uh, tutte allineate a cofecchiare. Io qua; io là; io ieri; io oggi. Che persone inutili, che discorsi vacui, che qua qua qua insostenibile. E che ci posso fare, mi si sono ingarbugliati i piedi, ho schiacciato l'acceleratore invece della frizione. Le ho atterrate tutte.

***

Affollatissima, la metro, come al solito. Ma non è mica detto che se si ha il problema del sudore lo si deve sparare addosso al prossimo.
Lo guardavo con aria insofferente.
Se voleva, poteva capire: "mantieniti alla barra bassa, senza sollevare il braccio per agganciarti all'anello e costringere chi ti sta schiacciato contro a soffocare".
Senza rispetto, proprio.
Gli ho infilato nella pancia i ferri da calza che impugnavo e tenevo bassi, dritti, per non ferire nessuno. Ha abbassato le braccia, subito.

***

"Tu non sai cosa ti perdi". E continuava. E insisteva. Anche facendo il sottile, eh! Me lo proponeva facendo finta di niente, in leggerezza, di sguincio, di sfuggita. Un'ossessione. "Ti appartiene e non lo sai ancora". E ancora elusivamente a propormelo, a mezza voce, con mezze parole, con sottintesi.
Ho ceduto, alla fine.  L'ho soffocato con le parole di Proust. Assimilazione totale. Nutrimento dell'anima e anche del corpo. Deve essere stata per lui una goduria, morire ingoiando pagine e pagine della "Recherche".

***

"Mi sono mangiata la salsiccia fritta"
"E le melanzane alla parmigiana: come le faccio io sono nu spettacolo "
"Marò quant'era buono quel rosso dei Flegrei".
"I babà al rum? Nu bijou!"
Ero a dieta. Niente pasta. Petto di pollo senza sale, insalata, verdure cotte e acqua liscia. E quella continuava a mangiare.
Avevo da parte quella bottiglia di Niagara liquido.
Ha digerito tutto, subito.

***

Mai c'è voluta venire a vedere un film.
"Non ce la faccio a star ferma due ore: mi sfasterio", diceva.
Eppure lo sapeva che andare al cinema è la cosa che mi piace di più.
Poi ho letto quel libro. C'era quel video: "Lo scherzo infinito".
Quel filmino americano, si. Esiste veramente.
Sequestrato, ma se paghi da certi siti lo scarichi.
Quello che se lo guardi non riesci più a staccartene.
Il piacere che  dà a guardarlo fa scordare di mangiare, dormire.
Non ti alzi più finchè ti scordi pure di respirare.
Ecco, adesso ci stai,  ferma.

***

Ieri ho ammazzato uno. Un cliente ottantenne bavoso, che è venuto in studio e quando mi ha visto mi ha chiesto "un bacino", avvicinando pericolosamente il suo viso al mio in modo che, per errore, il bacino ci scappasse sulle labbra. Ho preso la sciabola appesa al muro, retaggio degli avi carabinieri, e l'ho infilzato. Non ne potevo più!!