domenica 5 settembre 2010

Che forma ha la musica?

di Johnny Fritz

C'è qualcuno che nel 2010 dC esce di casa con un lettore cd portatile. Sì, il lettore cd portatile, quello che all'epoca mandò in pensione il walkman. Centomila lire, regalo di papà. Resiste e mi riaccompagna nella tracolla.

Tempo dopo quel regalo da grandi occasioni, cedo alle lusinghe dei primi lettori mp3, ancora ingombranti perché leggevano comunque un compact disc. Vuoi mettere i canonici 70-80 minuti con una media di 170 brani?
Ogni volta si ripeteva la tragedia di selezionare circa duecento brani da decine e decine di dischi. Nessuna canzone era sacrificabile, i parametri di scelta affollavano la mente. Inserisci il cd, seleziona, estrai, converti, rinomina, masterizza. Per poi non ascoltare nulla più delle solite dieci-quindici preferite.
Poi venne il lettore mp3 nelle sue attuali forme e sbalorditive funzioni, e dopo ancora suo figlio più figo: l'iPod. Accattivante, multicolorato, essenziale.
 Ma chissà perché gli 8 giga disponibili promessi non sono mai 8 ma sette e dispari. File di sistema, impostazioni, dice. Roba così. Un'aliquota di spazio che manca per la quale dovrai magari sacrificare quel pezzo di dieci minuti su altri ottocento che è assolutamente indispensabile. E poi, oltre all'obbligo di selezionare i brani con l'iTunes, dipende interamente dal pc anche per ricaricare le batterie (adattatore non incluso) e la stessa dotazione in ioni di litio dura vergognosamente poco.
E allora no: torno al mio lettore cd, sopravvissuto all'umido dello scantinato, ad anni di spostamenti andata e ritorno da casa a scuola e vacanze varie.
Si può parlare di cose di appena dieci anni fa o poco più in termini di "roba di una volta" come la nonna delle vecchie sedie, la mamma della sua irriducibile ventennale Zerowatt, e il babbo della buonanima della vecchia Golf che ci ha portato in giro lungo tutto lo Stivale - isole incluse?
Sì, perchè niente va più veloce della tecnologia e della sua obsolescenza programmata.


Berlino, Museo della DDR. Il trionfo della Ostalgie, ovvero di quarant'anni di marxismo trasformati in un prodotto. Feticismi per nostalgici e curiosi, un museo in più da guardicchiare a poco e niente per chi la parola Stasi evoca solo un certo Alberto.
E lì, nel cassetto del mobile di un soggiorno socialista riprodotto ad arte, una musicassetta di provenienza polacca.
La folgorazione sulla via di Karl Liebknecht: decido di acquistare quel pugno di album che non mi abbandonano mai, quei cd che oggi nessuno più, nemmeno il Grillo Parlante, ti suggerirebbe di comprare con quel che costano, nonostante le (rare) offerte, comunque sconvenienti se puoi... "scaricare".
Sopravviverebbero a vent'anni - e magari al crollo di un mondo - ottanta megabyte? Che forma ha, oggi, la musica?
Un compact è un'opera d'arte, come lo erano i vinili che esigevano le cure degne del più prezioso degli oggetti, come lo erano le musicassette con la loro brava custodia. La febbre di scartarlo, di annusare il libretto, trattenere il fiato fino a scoprire che... ah, meno male, i testi ci sono. O magari non ci sono, ma non fa nulla: la confezione box di metallo di un'edizione limitata è pur sempre stupenda, va bene così. E la lucentezza della superficie scritta del cd appena sfilato dalla sua custodia: cosa è in grado di rendere più efficacemente l'idea di nuovo?
L'mp3, invece, cos'è? Che forma ha?


Torno al mio lettore cd. C'è un essential dei Lynyrd Skynyrd pagato quattordici pound dalle parti di Piccadilly Circus che non può languire sullo scaffale mentre una sua fotocopia a 128 kbit/s fa le sue veci.
Infilo gli auricolari, parte l'accordo di Sweet Home Alabama.
"Muti e religioso silenzio".