venerdì 25 giugno 2010

Colazione da Tiffany


Figura di "donna in transito" da incorniciare (e infatti è diventato un poster), anche se Capote dice che la Hepburn c'entrava nulla con il suo personaggio.
Per noi sono tutte e due indimenticabili.

Come indimenticabili sono il disordine del suo appartamento, il suo gatto, il bar di Joe con i fiori freschi che lui "sistema personalmente con attenzione degna di una matrona" e la giostra di uomini e donne che le girano attorno, leggeri come fantasmi (come foulard, direbbe Paolo Conte).

Ecco, se c'è una cosa che fa di questo libricino un vero capolavoro è la leggerezza. Oltre al modo di mettere le parole una dietro l'altra di Capote, un genio del mestiere.

Il film si chiude in un modo ed il libro in un altro. Non diciamo niente per non rovinare la festa a nessuno. Diciamo solo che ci piace più la scelta di Capote. E aggiungiamo che ci sarebbe stato anche un terzo finale possibile, alla Yates: tutti contenti e tutti insoddisfatti. Ma quello viene scartato sul nascere, non appena si profila, per loro fortuna (soprattutto di lei che è "matta", si, ma "autentica").

Infine “Moon River” (Henry Mancini che l’ha scritta, per chi non lo sapesse, emigrante italiano d’Abruzzo è) cantata da Audrey Hepburn, seduta sul davanzale, accompagnandosi con una chitarra è una meraviglia della natura, semplicemente. Guardate un pò' pure voi...




Ps) in rete c'è anche il testo tradotto. Quello l'ha scritto la Hepburn. E non è niente male.